Il Sole 24 Ore 18 gennaio 2018
Le priorità indicate sul Sole 24 Ore
da Carlo Calenda e Marco Bentivogli, dalla centralità degli
investimenti in formazione e capitale umano al rafforzamento della
qualità dell’occupazione, «sono in perfetta sintonia con le
proposte del Pd per la prossima legislatura e sviluppano il cammino
di riforme che i governi Renzi e Gentiloni hanno portato avanti in
anni difficili». Per Nannicini, economista alla Bocconi di Milano e
braccio destro del segretario dem nell’elaborazione del programma
economico, vanno messi in campo «strumenti che rendano concreto e
credibile, non solo a parole, il diritto soggettivo di ogni
lavoratore a una formazione permanente, indipendentemente dal tipo di
contratto».
Lo strumento, ancora in fase di
approfondimento tecnico, potrà essere una sorta di «conto personale
formazione»: si partirebbe con una dote iniziale (si ragiona su 500
euro dal 18esimo anno di età della persona) da alimentare poi con
accumuli successivi. Si punterebbe su servizi personalizzati, che
potranno essere anche rafforzati per migliorare, ad esempio,
l’alternanza scuola-lavoro e il sostegno ai percettori del reddito
di inclusione, il primo intervento strutturale di contrasto alla
povertà introdotto in Italia. Il Pd punterebbe, così, a completare
il Jobs Sct, dopo che quest’anno è reso strutturale l’assegno di
ricollocazione per tutti i disoccupati (e cassintegrati nelle crisi
aziendali un po’ più delicate che rischiano di sfociare in
cospicui esuberi di personale), consolidando il ruolo dell’Agenzia
nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal).
Una possibile copertura dei costi
iniziali del «conto personale» (le primissime stime parlano di
circa 300 milioni di euro) potrebbe arrivare da un aggravio economico
sui contratti a termine.
Il punto è che «il diritto al lavoro»
sta evolvendo: fino a qualche tempo fa ci si preoccupava del semplice
inserimento in un singolo posto al termine degli studi e poi per
tutta la vita. Adesso, i pensieri (e le aspettative) sono differenti,
per giovani e non, con carriere lavorative spesso discontinue,
caratterizzate da un susseguirsi di periodi di interruzioni e di
ripartenze. Non solo. C’è poi la spinta della rivoluzione
tecnologica e le rinnovate esigenze della fabbrica 4.0: gli studi,
nazionali e internazionali, più accreditati evidenziano che le dieci
professioni oggi più richieste dal mercato non esistevano fino a
dieci anni fa, e il 65% degli studenti che hanno iniziato le scuole
primarie nel 2016 affronterà un lavoro di cui in questo momento non
si conoscono le caratteristiche. Ecco quindi, nel disegno di politica
economica dei dem, la necessità del «conto personale», che - da
quanto si apprende - dovrà servire anche a unificare gli strumenti
di orientamento, di garanzia del reddito e la formazione lungo tutta
la vita. «Su queste priorità - aggiunge Nannicini - spero arrivino
presto momenti di dialogo e confronto».
Oltre al diritto soggettivo alla
formazione di ciascun lavoratore, il partito democratico sta pensando
anche a due altre proposte, collegate: passare dagli incentivi
congiunturali agli investimenti a un sostegno strutturale per le
imprese che innovano e portano avanti un faticoso processo di
riconversione imposto da un’economia globale che corre; e il
decollo di una nuova filiera scolastica “professionalizzante”.
Qui, in particolare, si tratterebbe di rilanciare, a livello
secondario, l’istruzione tecnica e professionale (per far acquisire
ai ragazzi competenze pratiche e subito spendibili nel mondo del
lavoro); e, poi, a livello terziario, continuare la strada del
potenziamento degli Its, gli Istituti tecnici superiori, che hanno un
tasso di occupabilità superiore all’80%; e che, nel giro di
qualche anno, dovranno diventare il canale formativo “privilegiato”
per il settore industriale.
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