Walter Veltroni
L'Unità 4 settembre 2016
Tutto sta cambiando e ciascuno di noi
credo debba sentirsi interpellato dai grandi quesiti che questo tempo
di transizione porta con sé
“A che punto è la notte?”. È
la frase con la quale si apre il secondo atto del Macbeth
di Shakespeare e, conseguentemente, il titolo di un libro
degli indimenticati Fruttero e Lucentini. Il Partito
democratico di Spello, magnifico luogo italiano dove il
10 febbraio del 2008 presentai l’identità dell’allora
nascente Pd, mi ha invitato a parlare, alla festa de
l’Unità, partendo da questa frase. Già la sera precedente
a Pesaro e prima ancora a Bologna mi aveva colpito la
quantità di persone e di attenzione che ha accompagnato
incontri nei quali non si parlava di attualità politica, non
si entrava nelle polemiche del giorno dato.
Si è pensato insieme, si sono cercate
le parole giuste per dare ragione alle cose che accadono e che,
altrimenti, possono apparire un caos nero e nervoso per fronteggiare
il quale la paura e la rabbia sembrano la ricetta migliore. Invece
l’unica via è attivare ragione e speranza, cervello e cuore. La
politica, quella grande e bella, deve servire a questo, proprio a
questo. Forse sbaglio, tuttavia a me pare che , specie tra la nostra
meravigliosa gente, ci sia un grande bisogno di ritrovare le ragioni
profonde dell’impegno politico e del sentirsi sinistra moderna. In
un tempo frettoloso, fatto di slogan, di invettive rapide e intrise
d’odio, di semplificazioni bambinesche io credo che esista, in modo
diffuso, la necessità delle motivazioni più grandi e alte. Quelle
che rendano la politica davvero bella, il senso giusto per persone
vere e non un magheggio per furbacchioni e disonesti.
Tutto sta cambiando e ciascuno di noi
credo debba sentirsi interpellato dai grandi quesiti che questo tempo
di transizione porta con sé. La sinistra è nata per liberare chi
lavorava dallo sfruttamento . Oggi la precarietà rende la ricerca o
il mantenimento del lavoro una condizione umana nuova e terribile.
Chi vive in questo tempo, non lo si sottovaluti, non si sente mai
socialmente sicuro. Non ha mai la certezza che , trovata
l’occupazione, la sua vita sia stabilizzata e la sua condizione
umana resa tranquilla da una retribuzione, una casa, una famiglia,
una pensione.
Sembra di vivere sull’acqua e non ci
si deve meravigliare, allora, se ogni tanto sembra di affondare e si
comincia a gridare e cercare qualsiasi appiglio. La società precaria
è, inevitabilmente, una società emotiva. E una società emotiva è
più esposta a suggestioni demagogiche o autoritarie. La storia ce lo
ha insegnato.
Voglio essere sincero. Non sono sicuro,
non sono affatto sicuro, che la democrazia sarà, naturalmente, la
forma di governo di questa società. Temo che appaiano oggi più
intriganti esperienze di guida veloci e semplificate. Che la
democrazia sembri, con le sue deleghe e procedure, un dagherrotipo e
che invece appaia come un contemporaneo selfie la decisione immediata
di un leader carismatico. E nella stagione dell’odio, in cui siamo
ripiombati immemori degli anni settanta, anche il pluralismo appare
un di più, non necessario. Oggi non si contrastano le idee
dell’altro, lo si demonizza, delegittima, insulta. Si combattono le
persone, non le loro idee. Nella convinzione, di cui certe nuove
formazioni e culture sono impregnate, di essere depositari della
verità rivelata e assoluta. Se non sei come me sei da cancellare. Il
mondo , nel suo meraviglioso arcobaleno, è inutile che esista. Chi
non è con me è un miscredente o un disonesto. Attenzione, lo dico
da osservatore, sta nascendo, sotto le mentite spoglie della
dichiarata lotta ai partiti, un nuovo partitismo, la tendenza a
portare dentro la logica interna e alle divisioni interne ogni
decisione, facendo prevalere sull’interesse generale quello di
partito, anche se chiamato movimento.
“A che punto è la notte?”. Fonda,
se si guarda, ricordandosene, a quello che accade alle porte
dell’Europa, in un paese simile al nostro. Chi dissente è messo in
galera, si chiudono giornali e radio, si impedisce, lo ha raccontato
Dario Fo, di mettere in scena le sue opere o quelle di Shakespeare.
Proprio l’autore di “A che punto è la notte…”. Tutto avviene
con il furbo disinteresse di ciascuno. Vengono in mente gli
ammonimenti di Brecht sullo stare attenti a non occuparsi della
storia, perché poi può essere troppo tardi e può essere la storia
a occuparsi, ruvidamente, di te.
Oggi si vota in una regione tedesca. È
il land di Angela Merkel, e una sconfitta in casa peserebbe
enormemente sulla forza e sul prestigio della cancelliera e sullo
stesso destino dell’Europa. I sondaggi, si sa, ormai sono come gli
oroscopi. Dicono, speriamo stiano scherzando, che la formazione
dell’ultradestra sia oltre il venti per cento. Sarebbe un fatto
enorme. Come lo è il risultato che partiti analoghi hanno raggiunto
in Austria o si teme possano ottenere in Francia. La notte rischia di
essere buia, così. Sembriamo averlo dimenticato, come succede spesso
in questo tempo a scadenza settimanale, ma gli inglesi, con il loro
voto, hanno deciso di uscire dall’Europa. E, in questi giorni, in
Spagna si corre il rischio di precipitare verso le terze elezioni in
un anno. Ancora, negli Stati Uniti un estremista corre, speriamo
senza arrivare primo, per essere presidente.
In questo contesto, lo dico
sommessamente, sarebbe un gravissimo errore far precipitare in una
crisi uno dei pochi governi progressisti ed europeisti rimasti. E chi
governa apra, includa, si faccia carico della condizione di ansia in
cui vive, dopo anni di recessione, la parte più debole del paese.
La democrazia è bellissima e delicata.
Deve, per poter fronteggiare questo tempo caotico, essere forte,
capace di decidere, capace di attivare le energie esistenti tra i
cittadini, chiamandoli a una nuova stagione di partecipazione e
potere diffuso. Sarebbe tanto grave se i lavoratori, nel privato come
nel pubblico, partecipassero alla gestione delle loro aziende? Se i
cittadini fossero chiamati dai comuni non solo a esprimere la loro
rabbia nei confronti delle cose che non vanno, ma fossero sollecitati
ad assumere ruoli di gestione e responsabilità facendosi così
carico di quella complessità delle cose che oggi viene da tutti
rifiutata? Siamo tutti bravi, con 140 caratteri di Twitter, a dire
quello che bisogna fare. Ma poi un terremoto, anche che riguardi
quattro piccoli paesi, svela come è complessa la ragnatela del
nostro vivere. E come sia tanto difficile quanto urgente,
ricostruirla come e dov’era.
La notte è fonda. Ma è la politica
grande, solo quella, che può spingerci fino al mattino.
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