Antonio Trebeschi
Sindaco di Collebeato (BS)
25 aprile 2020
“Onorare i padri” è il titolo di una raccolta di
scritti di protagonisti della Resistenza pubblicata dall’Associazione
Fiamme Verdi “per mantenere viva la fiaccola della libertà
che i nostri Padri ci hanno affidato”.
In rete si trova una bella poesia di Fulvio Marcellitti dedicata
ai tanti padri e madri di un tempo, oggi nonni, che nei giorni di
questa pandemia ci hanno lasciato.
“Se ne vanno. Mesti, silenziosi, come magari è stata umile
e silenziosa la loro vita, fatta di lavoro, di sacrifici. Se ne va
una generazione, quella che ha visto la guerra, ne ha sentito l’odore
e le privazioni, tra la fuga in un rifugio antiaereo e la bramosa
ricerca di qualcosa per sfamarsi. Se ne vanno… visi segnati da
rughe profonde… Mani che hanno spostato macerie…
Ci lasciano, avvolti in un lenzuolo, come Cristo nel sudario… con il sudore hanno ricostruito questa nostra nazione, regalandoci quel benessere di cui abbiamo impunemente approfittato. Se ne va l’esperienza, la comprensione, la pazienza, la resilienza, il rispetto, pregi oramai dimenticati. Se ne vanno senza una carezza, senza che nessuno gli stringesse la mano, senza neanche un ultimo bacio. Se ne vanno i nonni, memoria storica del nostro Paese, patrimonio della intera umanità.
L’Italia intera deve dirvi GRAZIE e accompagnarvi in quest’ultimo viaggio con 60 milioni di carezze…”.
Ci lasciano, avvolti in un lenzuolo, come Cristo nel sudario… con il sudore hanno ricostruito questa nostra nazione, regalandoci quel benessere di cui abbiamo impunemente approfittato. Se ne va l’esperienza, la comprensione, la pazienza, la resilienza, il rispetto, pregi oramai dimenticati. Se ne vanno senza una carezza, senza che nessuno gli stringesse la mano, senza neanche un ultimo bacio. Se ne vanno i nonni, memoria storica del nostro Paese, patrimonio della intera umanità.
L’Italia intera deve dirvi GRAZIE e accompagnarvi in quest’ultimo viaggio con 60 milioni di carezze…”.
In questi giorni militari dell’Armata Russa [Giornale di Brescia
22/04/2020], affiancati da militari italiani con il supporto
logistico degli alpini in congedo, sono entrati in azione sul
territorio bresciano. Per un mese opereranno sull’intera provincia
alla disinfezione delle case di riposo e delle residenze sanitarie
per disabili, compresa la scuola Nikolajewka di Brescia, circostanza
dal grande valore simbolico, pensando alla drammatica battaglia che
gli alpini italiani combatterono nel 1943 contro i reparti
dell’Armata Rossa.
Questa pandemia ha sovvertito e sta sovvertendo tante
condizioni che abbiamo dato troppo spesso per scontate, acquisite per
sempre – magari solo per una parte, ma la cosa non ci
preoccupava più di tanto. C’è chi dice che niente potrà più
essere lo stesso.
Certamente non potrà tornare chi ci ha lasciato e la crisi profonda che sta travolgendo interi settori dell’economia non sarà facile da superare.
Certamente non potrà tornare chi ci ha lasciato e la crisi profonda che sta travolgendo interi settori dell’economia non sarà facile da superare.
Il blocco di gran parte delle attività ed
di ogni tipo di contatto umano, la scoperta di una
vulnerabilità dalla quale nessuno ha potuto ritenersi indenne,
ci deve portare ad una riflessione che in questi anni di frenetica
corsa abbiamo, per lo più, superficialmente accantonato.
Una riflessione sul nostro rapporto con l’ambiente e con gli altri, una riflessione sulle priorità della vita, una riflessione sul corretto uso delle risorse.
Una riflessione sul nostro rapporto con l’ambiente e con gli altri, una riflessione sulle priorità della vita, una riflessione sul corretto uso delle risorse.
Con la consueta lucidità Papa Francesco sollecita questa
riflessione.
“Le frontiere cadono, i muri crollano e tutti i discorsi
integralisti si dissolvono dinanzi a una presenza quasi
impercettibile che manifesta la fragilità di cui siamo fatti. Saremo
capaci di agire responsabilmente di fronte alla fame che patiscono
tanti, sapendo che c’è cibo per tutti? Continueremo a guardare
dall’altra parte con un silenzio complice dinanzi a quelle guerre
alimentate da desideri di dominio e di potere? Saremo disposti a
cambiare gli stili di vita che subissano tanti nella povertà,
promuovendo e trovando il coraggio di condurre una vita più austera
e umana che renda possibile una ripartizione equa delle risorse?
Adotteremo, come comunità internazionale, le misure necessarie per
frenare la devastazione dell’ambiente o continueremo a negare
l’evidenza? La globalizzazione dell’indifferenza continuerà a
minacciare e a tentare il nostro cammino?”.
Penso che questa celebrazione possa essere una buona opportunità
per andare a ritrovare validi riferimenti, forse dimenticati o,
comunque, mai abbastanza fatti propri.
Il 25 Aprile, Festa della Liberazione, è la data che rappresenta
uno spartiacque nella storia del nostro Paese. La fine della
tragedia della guerra e della dittatura fascista, con la sua politica
fondata su superiorità, discriminazione, separazione e
autoritarismo, che faceva leva sulla minaccia, sulla paura e
sulla delazione.
I valori e gli ideali che unirono le varie anime della Resistenza vennero espressi nella Carta Costituzionale dove, nella ferma volontà di tradurre in precise disposizioni le speranze e le attese per un profondo cambiamento dello Stato e della società, vennero posti tra i principi fondamentali Diritti Inviolabili e Doveri Inderogabili per ogni cittadino:
I valori e gli ideali che unirono le varie anime della Resistenza vennero espressi nella Carta Costituzionale dove, nella ferma volontà di tradurre in precise disposizioni le speranze e le attese per un profondo cambiamento dello Stato e della società, vennero posti tra i principi fondamentali Diritti Inviolabili e Doveri Inderogabili per ogni cittadino:
“Doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e
sociale [art. 2]; pari dignità sociale e uguaglianza davanti alla
legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione,
di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali [art.3]; il
diritto al lavoro e il dovere di svolgere un’attività o una
funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della
società [art.4]; il diritto d’asilo allo straniero, al quale sia
impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà
democratiche [art. 10]”;
E ancora: “il diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi
[art. 17]; di associarsi liberamente [art. 18]; di professare
liberamente la propria fede religiosa [art. 19]; di manifestare
liberamente il proprio pensiero [art. 21]; il diritto ad una
retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del proprio
lavoro [art. 36]; al mantenimento e all’assistenza sociale
per chi è inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per
vivere [art. 38]; il diritto di sciopero [art. 40]; il sacro
dovere di difendere la Patria [art. 52]; il dovere di essere fedeli
alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi e, per i
cittadini cui sono affidate le funzioni pubbliche, il dovere di
adempierle con disciplina e onore [art. 54]”.
Un dettato costituzionale e i suoi ideali ispiratori che non solo
caratterizzano la netta cesura con il sistema di violenza e terrore
nazifascista, ma costituiscono il solido riferimento del nostro
sistema democratico. E a questi contenuti dobbiamo
guardare non come vessillo da sbandierare o brandire contro gli
avversari politici quando fa comodo, magari senza neppure conoscerli,
ma come reale fondamento per le nostre scelte.
Lionello Levi Sandri che guidò i partigiani nelle battaglie del
Mortirolo e, dopo la guerra, fu consigliere comunale a Brescia,
Commissario europeo e presidente del Consiglio di Stato, ai
comandanti partigiani, a Bassano del Grappa nel 1984, ricordava che:
“la Resistenza e gli ideali che l’hanno ispirata possono
ancora incidere ed essere vivi nella nostra società… solo se
saremo capaci di alimentare ancora la nostra rivolta morale, se
saremo decisi a non accettare le ingiustizie e le prepotenze e a non
essere di fronte ad esse sordi ed inerti; se rimarremo ribelli ad
ogni forma di ingiustizia, di sopraffazione, di iniquità, comunque
essa si manifesti”.
Mentre per lo storico Pietro Scoppola:
“Il processo di liberazione non è mai compiuto: non è
compiuto nelle coscienze dei singoli, non lo è nella vita sociale.
La liberazione dell’uomo, di tutti gli uomini, dall’oppressione,
dalla miseria, dall’ignoranza, dalla paura… è un obiettivo
sempre valido, sempre necessario e sempre aperto.
Celebrare il 25 aprile significa … aprirsi alla cultura della liberazione, all’idea di traguardi più avanzati di dignità e di libertà umana, a una idea di democrazia che coniuga tensione utopica e ricerca di adeguati strumenti istituzionali; significa aprirsi alla prospettiva di una lotta per la liberazione che continua oggi e deve continuare domani”.
Celebrare il 25 aprile significa … aprirsi alla cultura della liberazione, all’idea di traguardi più avanzati di dignità e di libertà umana, a una idea di democrazia che coniuga tensione utopica e ricerca di adeguati strumenti istituzionali; significa aprirsi alla prospettiva di una lotta per la liberazione che continua oggi e deve continuare domani”.
Pertanto se davvero vogliamo “Onorare i Padri” a 75
anni dalla Liberazione, “mantenere viva la fiaccola della
libertà che ci hanno affidato” e, soprattutto,
intraprendere un serio cammino per superare la crisi della pandemia
verso una condizione di maggiore equità e giustizia, dovremo essere
capaci di seguire il loro insegnamento e il loro esempio.
La ricostruzione dalle macerie della guerra è stato frutto di concordia ed unità d’intenti, competenza, coraggio, lungimiranza ed anche attenzione ai più deboli.
Basta allora sterili battibecchi tra tifoserie politiche, che non guardano ai contenuti ma soltanto alla visibilità. Basta superficialità e improvvisazione. Ciascuno dia il proprio contributo in modo onesto e costruttivo. Le risorse a disposizione devono essere indirizzate alle reali necessità, attraverso valutazioni serie, guardando ad un orizzonte che vada al di là della ricerca del consenso immediato.
La ricostruzione dalle macerie della guerra è stato frutto di concordia ed unità d’intenti, competenza, coraggio, lungimiranza ed anche attenzione ai più deboli.
Basta allora sterili battibecchi tra tifoserie politiche, che non guardano ai contenuti ma soltanto alla visibilità. Basta superficialità e improvvisazione. Ciascuno dia il proprio contributo in modo onesto e costruttivo. Le risorse a disposizione devono essere indirizzate alle reali necessità, attraverso valutazioni serie, guardando ad un orizzonte che vada al di là della ricerca del consenso immediato.
Il sacro dovere di difendere la Patria si dovrà tradurre
nel potenziamento – finanziamenti e strategie organizzative – della
ricerca, della sanità, delle politiche sociali, della scuola, del
sistema di accoglienza, della messa in sicurezza di strutture e
territorio. Basta muri, separazioni, discriminazioni,
furbizie, evasione fiscale. Che, finalmente, il Parlamento
abbia il coraggio di ridurre significativamente le spese per gli
armamenti e eliminare i decreti sicurezza. Non è davvero più
pensabile che si investano ogni anno decine di miliardi di euro per
cacciabombardieri nucleari e altre armi da guerra e ci siano leggi
che alimentano l’irregolarità e la discriminazione.
Aldo Moro nel 1944 scriveva: “Ora dobbiamo percorrere una
lunga e difficile strada: dobbiamo appunto ricostruire. Cominciamo di
qui. Rimettiamoci tutti a fare con semplicità il nostro dovere…
Chi ha da studiare, studi. Chi ha da insegnare, insegni. Chi ha da
lavorare, lavori. Chi ha da combattere, combatta. Chi ha da fare
della politica attiva, la faccia, con la stessa semplicità di cuore
con la quale si fa ogni lavoro quotidiano. Madri e padri attendano ad
educare i loro figlioli. E nessuno pretenda di fare più o meglio di
questo. Perché questo è veramente amare la Patria e l’umanità”.
Concludo con le parole pronunciate i giorni scorsi da Papa
Francesco:
“Se abbiamo potuto imparare qualcosa in tutto questo tempo è
che nessuno si salva da solo… Ogni azione individuale non è
un’azione isolata, nel bene o nel male. Ha conseguenze per gli
altri, perché tutto è interconnesso.
Questo è il tempo… che ci chiede di non conformarci né accontentarci, e tanto meno di giustificarci con logiche sostitutive o palliative, che impediscono di sostenere l’impatto e le gravi conseguenze di ciò che stiamo vivendo. Questo è il tempo propizio per trovare il coraggio di una nuova immaginazione del possibile.
Che ci trovi con gli anticorpi necessari della giustizia, della carità e della solidarietà. Non possiamo permetterci di scrivere la storia presente e futura voltando le spalle alla sofferenza di tanti.
Non dobbiamo aver paura di vivere l’alternativa della civiltà dell’amore, che è “una civiltà della speranza: contro l’angoscia e la paura, la tristezza e lo sconforto, la passività e la stanchezza. La civiltà dell’amore si costruisce quotidianamente, ininterrottamente. Presuppone uno sforzo impegnato di tutti. Presuppone, per questo, una comunità impegnata di fratelli”.
Questo è il tempo… che ci chiede di non conformarci né accontentarci, e tanto meno di giustificarci con logiche sostitutive o palliative, che impediscono di sostenere l’impatto e le gravi conseguenze di ciò che stiamo vivendo. Questo è il tempo propizio per trovare il coraggio di una nuova immaginazione del possibile.
Che ci trovi con gli anticorpi necessari della giustizia, della carità e della solidarietà. Non possiamo permetterci di scrivere la storia presente e futura voltando le spalle alla sofferenza di tanti.
Non dobbiamo aver paura di vivere l’alternativa della civiltà dell’amore, che è “una civiltà della speranza: contro l’angoscia e la paura, la tristezza e lo sconforto, la passività e la stanchezza. La civiltà dell’amore si costruisce quotidianamente, ininterrottamente. Presuppone uno sforzo impegnato di tutti. Presuppone, per questo, una comunità impegnata di fratelli”.