Paolo Natale
8 febbraio 2016
Dimenticatevi di Renzi, del Partito
della Nazione, della politica nazionale. Nelle primarie milanesi la
domanda che si poneva il popolo di centro-sinistra era: chi vogliamo
diventi il nuovo sindaco di Milano? Non è una domanda difficile, non
sottintende involute analisi su quanto questa scelta possa avere
riflessi sullo scacchiere mondiale. In fondo, Milano è pur sempre
Milano, non ancora il centro del mondo politico.
Bisogna saper distinguere tra i
cittadini e i politici, o gli attivisti politici. I primi non si
curano (molto) delle conseguenze delle loro scelte. Guardano le
facce, sentono le parole, decidono chi piace di più e votano di
conseguenza. Nel 2010, alle scorse primarie, il candidato del Pd era
Boeri, quello di Sel era Pisapia. La maggioranza dei votanti era
ovviamente legata al Pd (ed era il partito di Bersani, non
scordiamolo). Molti studiosi di politica, e molti attivisti politici,
ritenevano che una vittoria di Pisapia sarebbe stata esiziale per la
competizione successiva, contro Letizia Moratti. Pisapia sta troppo a
sinistra, può non farcela contro il sindaco uscente. Mille
politologi si impegnavano a sottolineare che le chance di Boeri
sarebbero state infinitamente superiori.
Ciononostante, gli elettori di quelle
primarie scelsero il candidato tendenzialmente più debole, contro il
candidato del Pd (ed era il partito di Bersani, non scordiamolo).
Perché lo fecero? Era un segnale diretto contro il Pd (di Bersani)?
Era la manifestazione che il popolo delle primarie era più a
sinistra del Pd (di Bersani)? Erano masochisti? Avevano abbracciato
il Sel di Nichi Vendola? Probabilmente, e semplicemente, scelsero
Pisapia, anche quelli che poi avrebbero votato Pd alle comunali,
perché piaceva di più, dava maggior affidamento per il governo di
Milano, era più simpatico, se lo sentivano più vicino. Tutte queste
ragioni condite insieme portarono alla scelta dell’avvocato, contro
l’architetto. E poi, lo sappiamo, Pisapia vinse anche contro
Moratti, al ballottaggio. Sì, è vero, Boeri avrebbe vinto al primo
turno, con ogni probabilità, ma gli elettori delle primarie non se
ne sono curati. Piaceva di più Pisapia, e l’hanno votato.
Non sono scienziati politici, gli
elettori delle primarie (che infatti i primi chiamano “selettori”,
tanto per rimarcare la differenza tra i politologi e i cittadini).
Votano uno o l’altro perché gli piace di più, non per fare un
dispetto o un favore a Renzi, o per fare un dispetto o un favore a
Bersani. E non si sentono né più di sinistra se votano Pisapia nè
più di destra se votano Sala. Semplicemente, Sala in questa
occasione è piaciuto di più, come Pisapia era piaciuto di più nel
2010. Nella classica scala che misura la dimensione sinistra-destra,
i votanti delle primarie di allora si posizionavano più o meno allo
stesso modo di quelli di oggi. E, tra l’altro, sono quasi gli
stessi. Oltre l’85% di chi è andato a votare ieri a Milano era
andato anche nelle precedenti primarie, votando in prevalenza
Pisapia. Sala, secondo una buona fetta di “selettori”, è più
adatto a guidare Milano, rispetto a Balzani o Majorino. Così come,
allora, Pisapia era considerato un miglior sindaco rispetto a Boeri o
Onida. Non è difficile da capire. La realtà è semplice, gli
“agitatori” politici cercano di renderla più complessa, ma sono
loro ad essere confusi, non gli elettori.
Come nella barzelletta delle due
sinistre, che (sapete) circola frequentemente in queste ore. Balzani
con Majorino, o viceversa, avrebbero fatto vincere la sinistra contro
la destra di Sala e Renzi. In un sondaggio effettuato da Ipsos a
poche ore dal voto, è stato chiesto a votanti di Balzani chi
avrebbero votato in assenza dell’attuale vice-sindaco. Risultato?
Il 51% avrebbe scelto Sala, il 37% Majorino, gli altri incerti. Ecco:
il “selettore” ragiona così. Il resto è confuso
chiacchiericcio.
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