Fabrizio Rondolino
L'Unità 11 ottobre 2016
Attacco a Sala, “che rappresenta
tutti”. Ma per de Magistris non una parola
Carlo Smuraglia, presidente pro tempore
dell’Anpi, è un Noista della prima ora.
Il suo entusiasmo lo ha portato a
schierare l’associazione dei partigiani d’Italia nella
campagna referendaria, sebbene sia evidente a tutti – e
soprattutto a chi crede che i valori della Resistenza siano
universali, che l’antifascismo appartenga a tutti gli italiani, e
che i partigiani votavano e votano per molti partiti diversi –
che la riforma del Senato e del Titolo V non abbiano nulla a che
fare con la ragione sociale dell’Anpi.
Lo strappo di Smuraglia, com’è noto,
ha innescato polemiche a non finire, costringendo un gran numero
di partigiani a smentire pubblicamente il loro presidente
schierandosi per il Sì, e seminando sconcerto e amarezza fra le
decine di migliaia di iscritti all’Anpi (la stragrande maggioranza)
che, pur non avendo mai fatto per ragioni anagrafiche il partigiano,
si sentono legati sentimentalmente e politicamente alla
Resistenza e non riescono a capire perché mai la loro
associazione debba contrastare con tale violenza una riforma che
tutti (e soprattutto tutta la sinistra) per trent’anni hanno
affermato di voler fare.
Secondo la classica abitudine nostrana
dei due pesi e delle due misure, ora Smuraglia muove all’attacco
del sindaco di Milano, Beppe Sala, reo di voler votare Sì al
referendum.
“Nella mia concezione –
sostiene Smuraglia – il sindaco rappresenta tutti i cittadini.
Trovo improprio che si organizzi una manifestazione di sindaci
per il Sì, perché una parte dei cittadini in quel momento non
si sentirà rappresentata. Non voglio dire a Sala cosa deve fare, ma
se andrà il 27 ottobre a Roma a quella manifestazione una parte
dei milanesi dirà ‘oggi sono senza sindaco’.”
A parte il fatto che Smuraglia non ha
pronunciato neppure una sillaba quando il sindaco di Napoli ha
addirittura schierato formalmente tutta la sua giunta per il No al
referendum, facendole approvare una grottesca delibera contro
“il rischio di deriva autoritaria”, colpisce nella presa di
posizione del presidente pro tempore dell’Anpi l’idea che ad un
sindaco (non all’Anci, che li rappresenta tutti) sia vietato
esprimersi a favore della riforma, mentre invece un’associazione,
che dovrebbe rappresentare tutti i suoi iscritti (i quali, com’è
noto, sul referendum hanno opinioni opposte), possa
tranquillamente schierarsi contro.
Un pochino di equilibrio non
guasterebbe.
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