Pietro Ichino
26 ottobre 2016
GLI ITALIANI SI DIVIDONO, SÌ, PERÒ
NON TRA IDEOLOGIE O TRA PARTITI CHE LITIGANO A PAROLE MA
PROBABILMENTE FINIRANNO PER FARE ALL’INCIRCA LE STESSE COSE: LA
SCELTA POLITICA SI COMPIE SU DI UN BIVIO REALE
Molti opinionisti negli ultimi giorni
hanno lanciato il loro grido d’allarme per quella che a loro appare
una brutta campagna referendaria, la quale starebbe lacerando il
Paese irreparabilmente. Sarà, ma io vedo un aspetto diverso di
questo passaggio politico nazionale, che me lo fa apparire come uno
dei migliori della nostra storia repubblicana. Pian piano la maggior
parte degli italiani si sta facendo un’idea dei contenuti di questa
riforma costituzionale, delle sue conseguenze istituzionali e delle
sue valenze politiche. Si sta rendendo conto che questa volta, a
differenza di tante – troppe! – altre, l’esito del voto
inciderà davvero sulla direzione che il Paese prenderà. Il Sì è
collegato a un sistema elettorale maggioritario, a una maggiore
rapidità del processo decisionale governativo, a una prosecuzione e
rafforzamento dell’integrazione dell’Italia nell’Unione
Europea, quindi a una prosecuzione del programma di riforme avviato
dal Governo Renzi. Il No è collegato a un ritorno al sistema
elettorale proporzionale, quindi al mantenimento dell’assetto
costituzionale attuale (nessuno può seriamente credere alla
prospettiva di una rapida approvazione, dopo il successo del No, di
una nuova riforma costituzionale, quale che essa sia) e a una
prospettiva di governi di “larghe intese”; con quali contenuti,
sul piano della politica economica, sociale, europea, mediterranea e
atlantica, nessuno può dirlo con precisione, ma nel fronte del No
predomina nettamente l’orientamento no-global, e no-euro.
Nella nostra storia repubblicana è
accaduto poche altre volte che una consultazione politica avesse una
valenza pratica binaria così netta: fu così nel referendum
monarchia/repubblica del ’46, nella scelta tra DC e Fronte Popolare
del ’48, nei referendum sul divorzio e sull’aborto del ’74 e
’81, in quello sulla scala mobile dell’’85 e in quello sul
sistema elettorale del ’91. Ora gli italiani si trovano di nuovo di
fronte a una scelta netta, con corrispondenti conseguenze pratiche
altrettanto nettamente divaricate, come lo furono quelle ora
ricordate. Una scelta sulla quale si dividono, è ovvio. Ma si
dividono sapendo che non è tra ideologie, o tra bandiere astratte, o
tra partiti che litigano a parole ma probabilmente finiranno per fare
all’incirca le stesse cose: no, ora il bivio è davvero tale,
scegliere una strada o l’altra significa davvero prendere direzioni
molto diverse. Questo restituisce dignità e credibilità a una
politica che le aveva perse, proprio perché fingeva di dividersi su
bivii in realtà inesistenti.
Come andrà a finire? Sono ottimista. Perché in ciascuna delle altre occasioni analoghe gli italiani al dunque, anche se per lo più con un margine di maggioranza non largo, hanno compiuto la scelta giusta.
Come andrà a finire? Sono ottimista. Perché in ciascuna delle altre occasioni analoghe gli italiani al dunque, anche se per lo più con un margine di maggioranza non largo, hanno compiuto la scelta giusta.
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