sabato 10 ottobre 2015

MILANO: BUON LAVORO


Michela Cella 
gli Stari Generali - 9/10/15
Oggi parlano tutti di Roma e dei suoi mali e quindi mi è scattato un po’ di orgoglio meneghino e mi sono fermata a riflettere su alcune diversità.
Sì il ponentino da noi non soffia e Via Giulia non c’è, ma in compenso posso girare a Milano con i mezzi pubblici, abbiamo AreaC, il bikeshare e molti servizi di carsharing. Milano ha retto a Expo e si è tirata a lucido, rimane la grande incognita del dopo-Expo e dei veri bilanci (che forse saranno impossibili). A Milano la raccolta differenziata è a livelli record in europa per città di queste dimensioni (dal nord Europa vengono a studiare l’esperienza della raccolta dell’umido).La città ha saputo gestireun’emergenza profughi lunga un anno e mezzo, in solitudine e senza il governo. Milano ha ereditato un buco di bilancio dall’amministrazione precedente grande quanto il lago di Como ed è pure uscita dall’ingarbugliamento dei derivati. Pur con le ovvie difficoltà di una coperta sempre troppo corta (grazie anche ai tagli dei trasferimenti dal governo centrale) il welfare è stato gestito con prudenza e sapienza. E mancano ancora sei mesi, ma possiamo dire che abbiamo avuto un lustro intero senza scandali, senza mazzette e avvisi di garanzia. Non è poco.
Milano lo sa e non vuole abbandonare la strada scelta cinque anni fa durante la primavera arancione. Perché se non ha avuto l’effetto sperato sul governo nazionale ed è fallita in altre città, a Milano la differenza si vede, si sente e si respira. Molti che vivono e fanno politica lontano da Milano hanno già pensato che le elezioni amministrative del 2016 avranno una rilevanza nazionale e come tali le vogliono trattare.  Per fortuna chi ha lavorato con questa amministrazione, nelle istituzioni o in prossimità, e molti militanti (con una trasversalità ultimamente inedita) stanno rivendicando la volontà e la capacità di affrontare il prossimo passo in continuità con un progetto che ha dato i suoi frutti. Il centrosinistra a Milano è vivo, sta lavorando e spero che nessuno si prenda la responsabilità di ammazzarlo.
Con fermezza si è iniziato un processo che, per quanto laborioso e macchinoso (11 saggi, carta dei valori, tavolo ad inviti), dovrebbe portare a scegliere con le primarie il candidato a sindaco della coalizione di centrosinistra il 7 febbraio del 2016. Purtroppo molto a ridosso delle elezioni vere e proprie, e senza benedizione e garanzie dai vertici del partito di maggioranza. Ma il detto piuttost che nient l’è mej piuttost l’abbiamo inventato a Milano mica per niente.
E che sia una coalizione non ci sono dubbi (i partiti sono più di uno e ci sono anche elementi del civismo che ha fatto scuola) e che sia di centrosinistra nemmeno, qui il partito della nazione ancora non ha osato mettere fuori la testolina.  Rimarrà così fino a giugno? Non lo so, nessuno lo può sapere.  Per il momento c’è in atto un serio tentativo di proseguire l’esperienza della giunta Pisapia (sebbene senza Pisapia) questi sono fatti e chi dice il contrario forse sta guardando nel posto sbagliato.


Lo show del “Palindromo” Asor Rosa sul Fatto: che Travaglio ce lo conservi


Fabrizio Rondolino

L'Unità 10 ottobre 2015
In un’intera pagina sul Fatto Quotidiano Asor Rosa denuncia i rischi di deriva autoritaria, ma è troppo estasiato dal suo ombelico per trovare una soluzione
“Asor Rosa, sei un palindromo”, scrissero un giorno sui muri della Sapienza gli indiani metropolitani, l’ala creativa e dissacrante del movimento del ’77: già allora il principe dei baroni universitari appariva vagamente ridicolo. Indro Montanelli, che certo non simpatizzava con gli studenti che occupavano le facoltà, spiegò il significato della frase: “Lo si può leggere da sinistra o da destra, e vuol dire la stessa cosa, cioè niente”.
Dev’essere per questo che il Fatto di oggi gli dedica un’intera pagina (titolo: “Renzi e Verdini preparano una destra autoritaria”), presentandolo ai lettori come “antiberlusconiano intransigente”. Ma il Professor Palindromo ora guarda con tenerezza a “Silviuccio” – sì, lo chiama proprio così – incapace di “elaborare culturalmente” il progetto che Renzi ha invece messo vittoriosamente in campo: “avere sull’Italia un controllo totale”.
“Qualsiasi atto del presidente del Consiglio – s’infervora il Palindromo – mira al restringimento della democrazia”. Del resto, il Pd “è un partito nuovo che risponde al comando di un leader incontrastato, ha un gruppo dirigente conservatore di destra” e “la mutazione genetica ha investito anche i suoi elettori”. L’intervistatore, ammaliato da un’analisi tanto acuta, balbetta pensoso: “Il fatidico 40% alle Europee…” “Il punto culminante del suo successo – rassicura il Palindromo – è già alle nostre spalle”.
Pericolo scampato, dunque? Macché, “il Partito della nazione, sviluppato fino in fondo, comprenderà anche Berlusconi, non solo Verdini e Alfano”.
E allora che si fa? Boh. Il Palindromo è troppo estasiato dal proprio ombelico per indicare una soluzione. Qualche anno fa se ne uscì invocando lo stato di emergenza per eliminare Berlusconi: bisognava, disse, congelare le Camere e chiamare al governo Carabinieri, Polizia e magistratura. Qualche tempo dopo, visto che nessuno gli dava retta, alzò il tiro per lanciarsi in una nuova, nobile battaglia contro le “centinaia e centinaia di turisti domenicali” che turbavano “la pace e la serenità” del paesello toscano dove aveva comprato casa.
Sono fatti così, i Palindromi: e che Travaglio ce li conservi per altri cent’anni.

venerdì 9 ottobre 2015

Israele, ucciso un palestinese. Quattro arabi palestinesi accoltellati


La Repubblica 9 ottobre 2015
La polizia ha ucciso un uomo che aveva assalito un agente con un coltello vicino a Hebron. I quattro feriti sarebbero stati colpiti dallo stesso assalitore. Netanyahu condanna: "Colpevoli saranno perseguiti". Un 14enne israeliano accoltellato a Gerusalemme. Una troupe televisiva aggredita ad Afouna, scontri anche a Tel Aviv.
Resta altissima la tensione in Israele. Dopo gli scontri e le aggressioni dei giorni scorsi, un palestinese è stato ucciso in Cisgiordania. L'uomo aveva aggredito e accoltellato un agente della guardia di frontiera  nella colonia di Kiryat Arba, nei pressi di Hebron, tentando di impossesarsi della sua pistola. L'agente è rimasto leggermente ferito. Nel frattempo, aggiorna Radio Gerusalemme, gruppi di coloni stanno cercando di raggiungere Hebron, ma l'esercito israeliano è finora riuscito a sbarrare loro la strada.
Un grave incidente è accaduto anche ad Afula, nel nord del paese: una donna ha aggredito con un coltello un agente di sicurezza nei pressi della stazione dei bus. Secondo il portavoce della polizia, la donna avrebbe provato a colpire l'agente che ha aperto il fuoco ferendola. Proprio ad Afula, giovedì sera, un palestinese ha ferito a coltellate un soldato israeliano.
Stamattina quattro persone, due beduini cittadini di Israele e due palestinesi, sono state accoltellate oggi a Dimona (Neghev), nel sud del paese, presumibilmente dallo stesso assalitore. Secondo la polizia israeliana si tratta in apparenza di un attacco "nazionalistico" di un abitante di Dimona in ritorsione agli attacchi palestinesi dei giorni scorsi. Gli aggrediti sono un netturbino e tre muratori. Uno dei feriti, 35enne, ha riportato lievi lesioni, mentre altri due 50enni sono rimasti appena feriti.
I tre sono stati tutti pugnalati nelle vicinanze di una scuola locale. Poco prima era stato ferito un altro uomo, al torace, anche lui non gravemente. La polizia ha fermato un israeliano ritenuto responsabile sicuramente della prima aggressione: il sindaco di Dimona, Benny Biton, ha riferito a Radio Israele che il sospettato era un residente della città già "noto alla polizia". Due delle vittime sono riuscite a recarsi loro stesse al commissariato locale per denunciare l'accaduto.
Ma l'escalation di violenza assume proprorzioni sempre più preoccupanti. Un quattordicenne israeliano è stato accoltellato, per fortuna in modo leggero, da parte di un palestinese nel centro di Gerusalemme. L'assalitore è stato arrestato.
Netanyahu. Benyamin Netanyahu ha ufficialmente condannato l'aggressione : "Il primo ministro - afferma un comunicato del suo ufficio - condanna con forza l'attacco a persone innocenti.
Israele - è stato aggiunto - è uno Stato di diritto. Quanti ricorrono alla violenza saranno perseguiti per legge, chiunque essi siano".
Assalti a troupe e giornalisti. L'episodio avviene in un clima tesissimo in tutto Israele, dove ci sono state sette aggressioni in due giorni, con 'lupi solitari' palestinesi armati di coltello che colpiscono i passanti. Ma la tensione dilaga in tutto il paese. Una troupe delle televisione commerciale israeliana Canale 2 è stata attaccata la scorsa notte dalla folla ad Afula (nel nord di Israele), poco dopo l'accoltellamento di un soldato da parte di un palestinese. In particolare è stato aggredito dei passanti il giornalista dalla emittente, Forat Nassar, che è arabo. Anche un tecnico ebreo è rimasto contuso. Passanti arabi sono stati attaccati la scorsa notte a Natanya (a Nord di Tel Aviv) e a Gerusalemme, dove centinaia di estremisti di destra hanno inscenato una manifestazione di carattere xenofobo. Un loro esponente è stato arrestato dalla polizia.
Intanto si è appreso che sabato un giornalista sportivo ebreo è stato malmenato da tifosi arabi nello stadio di Sakhnin (Galilea) dove si disputava la partita fra la squadra locale e il Beitar Gerusalemme. Il cronista è uscito  dallo stadio scortato da otto agenti di sicurezza.
Spianata blindata. Le forze di sicurezza israeliane continuano a presidiare la città di Gerusalemme, mantenendo una forte presenza soprattutto intorno alla Città Vecchia dove centinaia di palestinesi stanno partecipando alla consueta preghiera del venerdì. Nella giornata di ieri la polizia ha annunciato restrizioni all'ingresso della Spianata delle Moschee, che è consentito solo agli uomini oltre i 45 anni e le donne di ogni età. "La polizia e le forze della Guardia di frontiera sono schierati dalle prime ore del mattino intorno al centro storico e le vie adiacenti al Muro Occidentale della Spianata per mantenere l'ordine e la sicurezza", si legge in una nota della polizia. "Interverremo con forza contro ogni tentativo di attacco".
Ramallah. Le autorità israeliane temono scontri anche a Ramallah, dove questa mattina è stata restituita la salma di Mohammeed Halabi, il palestinese di 19 anni che il 4 ottobre uccise a coltellate due israeliani nella città vecchia di Gerusalemme e fu a sua volta ucciso dalla reazione della polizia. I funerali si stanno svolgendoad Al-Bireh (Ramallah) e la polizia è in massima allerta.
L'appello del Papa. Un appello per "la riconciliazione e la pace in Medio Oriente" è stato lanciato oggi dal Papa durante il Sinodo. "Siamo dolorosamente colpiti e seguiamo con profonda preoccupazione quanto sta avvenendo in Siria, in Iraq, a Gerusalemme e in Cisgiordania, dove assistiamo ad una escalation della violenza che coinvolge civili innocenti".

giovedì 8 ottobre 2015

Nuovi attacchi in Israele, non si ferma l’Intifada dei coltelli


Maurizio Molinari
La Stampa 8 ottobre 2015
Sette feriti. Il sindaco di Gerusalemme: “Uscite di casa armati per difendervi”. Netanyahu sotto accusa per la scelta di proibire ai membri del governo l’accesso al Monte del Tempio.
Nuova ondata di attacchi palestinesi con il coltello contro cittadini israeliani: almeno 7 i feriti, di cui uno versa in gravi condizioni. Gli episodi sono avvenuti a Tel Aviv, Gerusalemme e Kyriat Arba. A Tel Aviv i feriti sono 5. L’aggressore si è avventato contro una soldatessa, ferendola, nei pressi della sede del ministero della Difesa, in uno dei luoghi più trafficati della città. A pochi metri di distanza dalla redazione del quotidiano “Yedioth Aharonot”. L’autore è un palestinese che ha rubato l’arma alla soldatessa ed ha ferito altri 4 passanti, dandosi alla fuga prima di essere abbattuto da un agente della sicurezza. L’episodio segue di 48 ore le violenze avvenute a Jaffa, il quartiere arabo a Sud di Tel Aviv, e lascia intendere che l’ondata di attacchi palestinesi si sta ora estendendo alla metropoli israeliana. Poco prima, nella mattinata, un altro episodio violento era avvenuto a Gerusalemme, ad una fermata del tram leggero nei pressi della sede della polizia, quando un palestinese di 19 anni di Shoafat, Subhi Ibrahim Mohammed Abu Khalifa, ha accoltellato uno studente di 25 anni conficcandogli la lama nel collo.  
L’aggressore è stato fermato. Nel pomeriggio si è verificato l’attentato a Kyriat Arba, l’insediamento ebraico alle porte di Hebron in Cisgiordania, ed è qui che si è verificato l’episodio più grave: c’è un ferito israeliano ricoverato in condizioni critiche. Siamo alla terza settimana di attacchi, con il coltello o con armi da fuoco, che hanno causato la morte di cinque israeliani. Negli scontri in Cisgiordania sono stati uccisi dai soldati 4 palestinesi. Il sindaco di Gerusalemme, Nir Barkat, si è rivolto ai cittadini suggerendogli di “uscire armati da casa al mattino” al fine di poter reagire in caso di attacchi terroristici. Intanto, sul fronte politico il premier Benjamin Netanyahu è criticato da più parti.  
Ministri e leader dei partiti dell’ala destra della coalizione condannano la sua decisione di proibire ai membri del governo l’accesso al Monte del Tempio, dove sorge la moschea di Al Aqsa considerata dai musulmani il terzo luogo più sacro dell’Islam. Per il viceministro degli Esteri, Tzipi Hotovely: “È un grave errore, gli ebrei devono avere diritto di salirvi, come tutte le altre persone, indipendentemente dalla loro fede”. Il leader laburista Isaac Herzog rimprovera invece a Netanyahu carenti risultati nella risposta alle violenze palestinesi: “L’unica cosa che il governo riesce a controllare è Facebook”.

Il dubbio dell’ultimo bolscevico: Pd di destra o di centro?


Fabrizio Rondolino
L'Unità 8 ottobre 2015
“Il Pd è naturalmente di destra”: così il Fatto titola oggi un’ampia intervista a Luciano Canfora, filologo classico di fama mondiale e ultimo bolscevico d’Italia. D’accordo, ad un vero bolscevico deve sembrare di destra chiunque non chieda, secondo la famosa massima di Lenin, “il potere dei Soviet più l’elettrificazione di tutto il paese”, mentre Renzi tutt’al più vuol mettere il canone in bolletta: ma forse questa volta il professor Canfora s’è lasciato prendere la mano.
E invece no, la mano se la sono lasciata prendere quei mattacchioni del Fatto, che anche oggi scrivono il falso.
L’intervista comincia infatti con questa solenne dichiarazione: “Il Pd è da tempo un partito di centro e il centro da sempre ha una vocazione trasformista”. E il centro – ci auguriamo che Travaglio lo sappia, se mai dovesse dare per strada indicazioni ad un turista – non è la destra.
Deve averlo intuito anche l’intervistatore, che poco dopo torna alla carica con un interrogativo degno dei medici che la Fata Turchina chiamò al capezzale di Pinocchio: “Se il Pd è di centro, allora non è di sinistra”. Seppur in via ipotetica, dunque, anche l’intervistatore si sta orientando a pensare che il Pd è un partito di centro: il che lo escluderebbe dal novero dei partiti di sinistra, ma anche da quelli di destra. A domanda ficcante, risposta chiara: il Pd, ribadisce il professor Canfora con precisione chirurgica, “è una formazione centrista per la gestione dell’esistente”. “Centrista”, ci permettiamo ancora di segnalare ai disorientati del Fatto, non significa “di destra” neppure nelle geometrie non euclidee.
Il tema appassiona a tal punto il cronista, da spingerlo ad avanzare una terza domanda: “Il Pd diventerà la nuova Dc sotto forma di Partito della Nazione?” – e la Dc, come crediamo sospetti anche Travaglio, è sinonimo di centrismo. Il professor Canfora non sfugge alla sfida dialettica e aggiunge un nuovo elemento: De Gasperi era meglio di Renzi, perché “poteva contare sul pensiero sociale della Chiesa, che criticava i presupposti del capitalismo”. Dunque la Dc sembrerebbe più a sinistra del Pd: il quale a sua volta risulta, per deduzione logica, il più centrista dei partiti mai apparsi sulla scena italiana.
Ma non c’è niente da fare: il soviet del Fatto ha deciso che il partito di Renzi è “naturalmente di destra”. Suggeriamo al professor Canfora, la prossima volta, di portarsi una matita e provare con un disegno.

Bufali e bufale....


La Stampa 8 ottobre 2015
francesco zaffarano
La bufala di Salvini sul dondolo a forma di maiale rimosso da un asilo perché offende l’Islam. La storia rilanciata dal leader della Lega Nord a Porta a Porta non ha nulla di vero
Se in questi giorni avete visto dei militanti della Lega Nord esporre un’effigie di Peppa Pig non avete avuto un’allucinazione. È tutto dovuto a una polemica rilanciata, tra gli altri, da Matteo Salvini: il motivo del contendere sarebbe un dondolo per bambini a forma di maiale prima transennato e poi rimosso da una scuola dell’infanzia di Rovereto perché offenderebbe i musulmani. 
Il punto è che la giostra in questione non è mai stata rimossa dal giardino della scuola: come era già successo in estate con la storia della tassa sui condizionatori (rilanciata sempre da Salvini) e sul caso del cibo gettato in strada dai migranti (quella volta a indignarsi era Giorgia Meloni) i fatti sono diversi. Le maestre, preoccupate per l’altezza del dondolo, si erano limitate a transennare il gioco in attesa di sapere se questo fosse a norma. La versione delle maestre è stata resa nota dal comune di Rovereto con un comunicato che spiega che la richiesta delle maestre risale al 2 ottobre e ha trovato risposta (positiva: il dondolo è a norma) il 5 ottobre. Tutto ben prima che Salvini urlasse allo scandalo ingiustificatamente. 
A ulteriore conferma del fatto che quella rilanciata dal leader leghista è una bufala, c’è anche la foto ottenuta dal sito Pagellapolitica.it, che mostra la giostra ben salda nel cortile dell’asilo. Per gli scettici, il sito spiega anche come controllare che la foto sia stata scattata veramente il 7 ottobre. 

mercoledì 7 ottobre 2015

Tav, shunt, e dintorni


Alfredo Bazoli
6 ottobre 2015
Continua in queste settimane il dibattito, interno al PD e in una parte dell’opinione pubblica bresciana, sulla scelta riguardante il tracciato della linea ad alta velocità ferroviaria verso Verona, che secondo le previsioni originarie dovrebbe transitare a sud di Brescia, con fermata presso l’aeroporto di Montichiari, mentre per alcuni sarebbe preferibile passasse dalla città.
È un tema decisamente rilevante per il futuro di brescia e del suo territorio, se si pensa che verranno investiti circa 4 miliardi di euro, ed è paragonabile nei suoi effetti alle scelte che hanno segnato lo sviluppo dei successivi 50 o 100 anni, quali quelle che riguardarono il tracciato della linea storica, o il tragitto dell’autostrada A4.
Non possiamo permetterci dunque scelte sbagliate, o dobbiamo quanto meno fare quella che allo stato appare preferibile, sapendo che entrambe al momento presentano profili di incertezza, pro e contro.
E ciò alla luce di tutti i dati che ci permettano di avere un quadro chiaro della situazione.
Vi è sullo sfondo di questa decisione una questione dirimente, che riguarda il futuro e le prospettive dell’aeroporto di Montichiari, dalla quale in ultima analisi dipende il bilanciamento della scelta.
Occorre allora sapere che, benché ad oggi sostanzialmente inoperativo, l’aeroporto di Montichiari ha caratteristiche peculiari che lo rendono pressoché unico nel panorama del nord Italia.
Ha un’enorme area di sedime, molto più grande delle altre aree aereoportuali, il che consente di ospitare più piste, di lunghezza adeguata al decollo e atterraggio degli aerei più grandi, e rende possibile il parcheggio in contemporanea di molti aerei, che è la condizione essenziale per avere molto traffico.
Se a ciò si aggiunge che gli aeroporti limitrofi, per condizioni morfologiche o per livelli di traffico raggiunti, sono prossimi alla saturazione, si capisce che si tratta di un asset ricco di potenzialità inespresse.
Ora, è chiaro che un aeroporto con queste caratteristiche, ove dotato di una fermata del treno ad alta velocità, presenterebbe caratteristiche di intermodalita’ straordinarie, essendo l’unico in Italia, e uno dei pochi in Europa, a consentire lo scambio tra aereo e alta velocità ferroviaria, con vantaggi competitivi immediatamente intuitivi.
Sulla carta, dunque, la scelta di fare passare la linea ad alta velocità presso l’aeroporto di Montichiari appare lungimirante e vincente per lo sviluppo del nostro territorio, e vale il sacrificio della città.
Ma occorre che sia soddisfatta una condizione, e cioè che le potenzialità inespresse del nostro aeroporto abbiano la possibilità di dispiegarsi.
Occorre in altre parole che le sue prospettive di sviluppo siano davvero possibili, e non solo auspicabili. Perché il rischio, altrimenti, sarebbe quello di fare una linea che non ferma da nessuna parte, si limita a bypassare la città, senza nessun vantaggio per noi, che diventeremmo puro territorio di attraversamento.
Ed è qui che le cose si fanno un po’ più nebulose.
Secondo il piano nazionale del trasporto aereo appena approvato, infatti, il traffico passeggeri in Italia nei prossimi vent’anni aumenterà di circa il 20%, e in tale prospettiva per Montichiari sarebbe ipotizzabile un incremento fino a 1,5-2 milioni di passeggeri all’anno. Una cifra non malvagia, ma assai distante dai numeri attuali di Bergamo (oltre 8 milioni), o di Verona (poco meno di 3 milioni). E insufficiente a rendere davvero indispensabile, o così vantaggiosa, la fermata dell’alta velocità.
Vi è peraltro chi sostiene che si tratta di numeri che non tengono conto dell’effetto della tav, che sarebbe in grado di catalizzare e calamitare passeggeri, che il traffico aereo aumenterà ben di più, che una compagnia aerea in grado di offrire un scalo con quelle caratteristiche sarebbe invogliata ad utilizzarlo per offrire un servizio migliore, che qualunque privato farebbe investimenti su uno scalo così ben dotato. Ma sono tutte supposizioni, e manca al momento un progetto serio di sviluppo, fondato su numeri e prospettive credibili, concrete, o quanto meno ragionevoli.
Ed è per questo che ieri sera, nel corso dell’ultima direzione del pd, pur consapevole che sono scelte che non competono interamente a noi, ho chiesto che si faccia un approfondimento su numeri e prospettive dell’aeroporto, da cui dipende la nostra valutazione.
Tanto più considerato che l’alternativa che propone il comune di Brescia ha un suo appeal: oltre al risparmio di suolo agricolo se non si facesse lo shunt, ma si quadruplicassero i binari in uscita a est della stazione, le ferrovie risparmierebbero circa 500 milioni di euro, una parte dei quali potrebbero essere reinvestiti per collegare direttamente con un servizio metropolitano l’aeroporto alla stazione, mediante la riqualificazione della linea Brescia Cremona, e la costruzione di una piccola bretella.
Un collegamento privo dei vantaggi di una interconnessione con la tav, ma sufficiente per un aeroporto di piccole-medie dimensioni.
Insomma, per fare una valutazione così rilevante e impegnativa per il nostro futuro occorre meno incertezza, e qualche dato di prospettiva un po’ più chiaro e concreto.