venerdì 25 gennaio 2019

Pierantonio Tremolada Vescovo di Brescia «Nessun migrante finirà per strada»


Manuel Venturi 
Bresciaoggi 25 gennaio 2019
Tremolada: «Impossibile accogliere tutti, ma non lasceremo solo chi si trova già qui ed è in difficoltà C'è bisogno di una legislazione sana e intelligente»
«Rispetteremo le indicazioni del Decreto sicurezza, ma non possiamo perdere la nostra umanità e non aiutare chi ha bisogno». Quelle del vescovo di Brescia, monsignor Pierantonio Tremolada, sono quasi parole di resistenza civile, che si legano alla volontà delle Caritas lombarde di continuare ad assistere i migranti nonostante i paletti del Decreto Salvini: il rispetto delle leggi non è in discussione, ma prima viene la difesa della vita e della dignità delle persone. «L'unica prospettiva non può essere il controllo, ma un'accoglienza che da subito ha una forma umanitaria: se le persone che hanno fatto richiesta per rimanere nel nostro Paese dovessero avere una risposta negativa, dove andrebbero?», si è chiesto il vescovo, sostenendo che «se la risposta è "Si arrangino", non possiamo accettarla: non possiamo pensare di lasciare per strada uomini, donne e bambini, perché sarebbero destinati a diventare invisibili». SECONDO monsignor Tremolada, la possibilità è una sola: «Cristianamente, non possiamo non aiutarli. Questa è l'umanità: non vuol dire che prenderemo tutti gli irregolari, ma non abbandoneremo chi è in difficoltà. Se questo ci esporrà a dei rischi, li affronteremo». Il vescovo di Brescia è intervenuto parlando di immigrazione nel corso dell'incontro con i giornalisti che ogni anno si tiene in occasione della ricorrenza di San Francesco di Sales, patrono della stampa. Lo ha fatto partendo da una considerazione sulla società di oggi - «Non siamo diventati cattivi, siamo impauriti e questa paura è trasversale» - e riflettendo sull'equazione «migrante-minaccia»: «L'85 per cento degli stranieri in provincia di Brescia si è integrato, è un dato su cui riflettere». Così come fa pensare «il fenomeno devastante della denatalità. Dobbiamo tenere insieme questi due aspetti: dire che tutti coloro che arrivano da noi sono una minaccia vuol dire pensare solo a uno spicchio, queste persone non sono tutte un pericolo, possono essere una risorsa». Secondo monsignor Tremolada, c'è però bisogno anche di un ragionamento più ampio: «Noi affrontiamo l'ultimo anello della catena, vale a dire le emergenze in mare: non possono essere lasciati lì, ma accogliendoli si conferma il processo di illegalità che li porta in Europa». E riflettendo sul fatto che è soprattutto la classe media a spostarsi, cioè «chi si può permettere il viaggio», il vescovo di Brescia ha tracciato un parallelismo con i giovani laureati italiani che cercano fortuna all'estero: «Abbiamo a che fare con qualcuno che vuole un futuro migliore e questo vale anche per i nostri ragazzi. Dobbiamo fare in modo che venga garantito il diritto di non partire, significa impegnarsi in un'operazione di politica internazionale che travalica le nostre competenze ma su cui dobbiamo riflettere». LA CHIOSA è arrivata sulla situazione odierna: «Ci vuole una legislazione sana e intelligente, che tiene conto di chi arriva e di chi già è qui: semplificare la realtà significa mettere le basi per renderla complicata - ha sostenuto il vescovo -. Noi osserveremo le indicazioni del Decreto, ma non potranno costringerci a non essere più umani». Nel corso della mattinata, a cui hanno partecipato anche il giornalista del Corriere della Sera Giangiacomo Schiavi e il presidente dell'Ordine dei giornalisti della Lombardia, Alessandro Galimberti, monsignor Tremolada ha anche affrontato il tema della comunicazione giornalistica: «Il giornalismo ha una funzione primaria nella costruzione del futuro e c'è bisogno di dare segnali di speranza», ha riflettuto il vescovo, notando che «il giornalismo dovrebbe contribuire a dare una forma alla realtà, secondo un pensiero, una sensibilità e un sistema di valori che faccia leva sul confronto e non sullo scontro». Il fine ultimo è il «cogliere la bellezza dell'umanità: in un periodo in cui i giornalisti sono più temuti che amati e in cui la gente ha voglia di respirare e di avere anche notizie positive, c'è bisogno di qualcuno che ci aiuti ad orientarci».

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