Maria Zegarelli
L'Unità 24 gennaio 2017
Il senatore Pd: “Ma un tasso di
proporzionale è inevitabile”
«Il Pd deve essere il partito che dà
risposte a quella parte ancora sofferente della società». Il
senatore Giorgio Tonini si smarca dal dibattito sulla data delle urne
e sulla sentenza di oggi della Consulta dice che «un certo tasso di
proporzionalità del sistema è purtroppo inevitabile ».
Tonini, tutto sembra fermo in attesa
della sentenza di oggi. Se venisse fuori un proporzionale che scenari
si aprirebbero per il Pd?
«Intanto diciamo che la sentenza sarà
auto applicativa, salvo alcuni dettagli, perché la giurisprudenza
della Corte è sempre stata univoca: non si può dar vita a un voto
legislativo che impedisca agli organi costituzionali, a cominciare
dal Parlamento, di funzionare. Con il mantenimento del bicameralismo
perfetto, che è uno dei risultati, a mio avviso assolutamente
negativi del referendum, un certo tasso di proporzionalità del
sistema è purtroppo inevitabile».
In un quadro di tripolarismo
minoritario, il timore di molti, e l’auspicio di altri, è quello
di una Grosse Koalition.
«La Grosse Koalition alla tedesca
nasce sempre da uno stato di necessità successivo alle elezioni e
mai da una scelta dei partiti prima del voto. Anche nel nostro caso
può darsi che si determini la necessità dopo il voto di dar vita ad
alleanze spurie, come è successo del resto in questa legislatura.
Certamente non vedo un presentarsi del Pd e di Fi uniti alle
elezioni».
Prodi ha rilanciato la necessità di un
centrosinistra unito. Le sembra una ipotesi realistica, considerato
il contesto?
«Il Pd è nato sulla base di due
obiettivi: strutturare l’Ulivo che è sempre stato di più di una
coalizione, come un grande partito plurale, il partito del
centrosinistra; e sulla realistica considerazione che c’è una
parte della sinistra incompatibile con la cultura di governo, come le
due legislature guidate da Prodi si sono incaricate di dimostrare».
C’è chi vede proprio in Renzi un
ostacolo ad un nuovo centrosinistra unito. Ha letto l’intervista di
Massimo D’Alema?
«Come ha detto giustamente Paolo
Gentiloni nell’intervista di D’Alema c’è un eccesso di spirito
polemico e purtroppo non è la prima volta che succede. Renzi ha
salvato una legislatura condannata all’inconcludenza dando vita ad
un governo riformatore che ha prodotto risultati importanti per il
Paese. Tornare indietro sarebbe una follia».
Stando alle dichiarazioni ufficiali di
molti e ufficiose di altri, il partito del non voto sembra
ingrossarsi di settimana in settimana. Si allontanano le urne a
primavera?
«A me non ha mai appassionato la
disputa sulla data, preferirei ci si concentrasse sul programma con
il quale vogliamo andare al voto e sul rapporto tra le cose che
dobbiamo fare nei mesi che abbiamo avanti con il governo Gentiloni e
quelle che intendiamo proseguire nella prossima legislatura».
Che cosa non ha funzionato durante il
governo Renzi?
«Una cosa fondamentale non ha
funzionato: non siamo riusciti a far percepire alla maggioranza degli
italiani il nesso assolutamente essenziale tra la strategia delle
riforme costituzionali – e non solo – e i problemi e le
sofferenze che colpiscono strati importanti della società italiana».
Il Pd che partito deve diventare?
«Le riforme restano la risposta ai
problemi del Paese, non c’è un’altra risposta. Le pulsioni
populiste certamente non lo sono. Ci serve un partito capace di
organizzare questa risposta nel Paese, non con la nostalgia delle
vecchie organizzazioni ma con la costruzione di un’organizzazione
adatta al nostro tempo».
Secondo lei Renzi ha capito il
messaggio venuto fuori dalle urne il 4 dicembre?
«Con le sue dimissioni Renzi ha fatto
molto di più: si è assunto la responsabilità principale di una
sconfitta così grave. Ora costruire una risposta e un rilancio è un
compito di tutto il Pd insieme a lui».
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