Editoriale per la Nwsl n. 421, 20
gennaio 2017
Pietro Ichino
STIAMO ATTENTI A NON LIQUIDARE IL
NEO-PRESIDENTE U.S.A. COME “POPULISTA”, O “DI ESTREMA DESTRA”:
È IL NUOVO LEADER DEI “SOVRANISTI” DI TUTTO IL MONDO, I CUI
ARGOMENTI NON SONO IRRAGIONEVOLI, NÉ PROPRI DELLA SOLA DESTRA,
MA VANNO CONTRASTATI DIMOSTRANDO CHE LA GLOBALIZZAZIONE PUÒ
CONVENIRE DAVVERO A TUTTI.
1. Sarà anche politicamente scorretto,
ma, per favore, non chiamiamolo “populista”: è il leader
mondiale dei sovranisti, cioè di coloro che considerano meglio porre
un forte freno alla libertà di movimento delle persone, dei capitali
e delle merci. Stiamo attenti: gli argomenti dei sovranisti non sono
affatto irragionevoli. Sono convinto che siano sbagliati; ma è certo
che la forte accelerazione del fenomeno della globalizzazione, per il
modo in cui si è verificata negli ultimi due decenni, ha alimentato
non poco quegli argomenti.
2. Se vogliamo battere i sovranisti di
casa nostra, occorre per prima cosa capire i loro argomenti, almeno
quelli che all’incirca corrispondono alla parte sensata dei
discorsi di Donald Trump. E imparare a contrastarli con argomenti
contrari più forti e con i comportamenti corrispondenti. Il più
efficace consiste nell’individuare con precisione, indennizzare e
sostenere le minoranze che dalla globalizzazione escono danneggiate.
Anche perché questo è il miglior antidoto contro l’ansia da
globalizzazione, della quale soffre anche una parte consistente della
maggioranza che non ne sarà affatto danneggiata, ma teme di poterlo
essere.
3. Un altro errore da non fare è
considerare Donald Trump “di destra”: Bernie Sanders, leader
dell’ala sinistra del Partito Democratico U.S.A., ha esplicitamente
detto di concordare sulla maggior parte delle misure di politicaq
economica proposte da Trump. Barak Obama ha un bel dire – peraltro
con piena ragione – che contro la fame nel mondo ha fatto più la
globalizzazione negli ultimi cinquant’anni, di quanto abbiano fatto
tutti i movimenti sindacali, socialisti o comunisti negli ultimi due
secoli; ma, sui due lati dell’Atlantico, la fame è vista come un
problema degli outsiders e degli stranieri; mentre le ali sinistre,
in genere, si occupano prevalentemente degli insiders indigeni.
4. Il trumpismo può piacere molto agli
insiders di ciascun Paese anche sul versante degli imprenditori: la
politica industriale del neo-presidente U.S.A. consiste nel difendere
le strutture produttive esistenti contro i new entrants provenienti
da fuori, ma così facendo finisce necessariamente per difenderle un
po’ anche contro i new entrants indigeni. Gli anti-sovranisti di
casa nostra devono essere convincenti nello spiegare agli elettori
che, invece, tutti stanno meglio se si consente ai new entrants più
bravi – stranieri o indigeni che siano – di venire in casa nostra
a sostituire gli insiders meno bravi; e se, beninteso, nel contempo
si indennizzano e sostengono i dipendenti di questi ultimi nel
passaggio alle imprese migliori, che valorizzeranno meglio il loro
lavoro.
5. Andiamoci piano anche nel
considerare l’avvento di Donald Trump alla Casa Bianca come una
iattura per l’Europa. Se il neo-presidente farà davvero quello che
dice, cioè preferirà l’amicizia con la Russia di Vladimir Putin a
quella con noi intesi come UE, questo ci costringerà finalmente, per
non rischiare di avere tra poco i russi in Ucraina e nelle
repubbliche baltiche, a darci un dispositivo di difesa europeo sul
fronte nord-est; e già che ci siamo anche sul fronte sud-est, dove
la situazione non è certo più tranquilla. Il che implica che ci sia
un vero ministro della Difesa comune. E quindi anche un vero ministro
del Bilancio comune. Potremo continuare a litigare sui decimali di
punto di deficit e a star fermi sulle cose che contano soltanto se la
maggioranza repubblicana del Congresso di Washington non consentirà
a Donald di fare quello che dice di voler fare.
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