Stefano Minnucci
L'Unità 30 agosto 2016
Il premier annuncia l’intenzione di
muoversi unilateralmente nella trattativa con la Commissione Ue sulla
flessibilità
“All’Europa diciamo che quello che
serve per questo piano lo prendiamo. Punto”. Matteo Renzi si mostra
risoluto e deciso nel portare avanti il progetto di prevenzione e
adeguamento antisismico del Paese, quel piano che lui stesso ha
definito “Casa Italia” e che nei prossimi giorni presenterà
a tutti i soggetti interessati: enti, istituzioni, parti sociali e
imprenditori.
“Casa Italia è un progetto
che riguarda tutto il Paese – ha detto in un intervista al Tg1
– e serve a riuscire a prevedere, ad anticipare anziché
rincorrere, non è solo un progetto anti-sismico ed è un
progetto che può essere fatto tutti insieme a condizione di
avere a cuore il futuro della nostra famiglia italiana”. Così ha
spiegato ed elencato i settori principali che Casa Italia andrà
a toccare, dal dissesto idrogeologico al risparmio energetico e
rivolgendosi all’Ue, ha sottolineato che per questo
progetto “quello che serve lo prendiamo, punto”.
Per il premier insomma è necessario un
deciso cambio di mentalità, andare oltre l’emergenza, oltre la
ricostruzione e ragionare una volta per tutte sulla prevenzione e
sulla messa in sicurezza dei nostri territori. Ma per farlo servono
le risorse. E non poche.
Uno dei direttori generali del
Dipartimento della Protezione Civile, Mauro Dolce, nei giorni scorsi
ha parlato di una cifra sull’ordine di 50 miliardi solo per
l’adeguamento sismico degli edifici pubblici. Per non parlare poi
di tutti gli edifici privati. Secondo una stima fatta dal Consiglio
nazionale degli ingegneri nel 2013, per mettere in sicurezza le case
di tutti gli italiani servirebbero poco meno di 100 miliardi.
Sono risorse ingenti, notevoli, che
contrastano fortemente con le richieste europee di non eccedere con
deficit e debito pubblico rispetto al Pil. E al momento Bruxelles è
cauta sull’esclusione delle spese antisismiche pluriennali dal
Patto di Stabilità. La Commissione sembra infatti disposta a
concedere una flessibilità ‘una tantum’ per le spese
legate al breve termine e all’emergenza, ma non a permettere
lo scorporo dal deficit per un progetto pluriennale di
messa in sicurezza come quello che immagina Renzi. Ecco perché il
premier ha annunciato l’intenzione di muoversi unilateralmente
impostando la trattativa con fermezza, ancor prima che parta. Occorre
mettere al sicuro gli edifici pubblici, questa è la priorità, e su
questo il premier non sembra transigere.
Domani si terrà il vertice
intergovernativo Italia-Germania a Maranello, presso la sede della
Ferrari e inevitabilmente Renzi e Merkel affronteranno la
questione. Il tema in agenda era il rilancio di un’Europa un
po’ claudicante dopo la Brexit, ma è chiaro che dopo la tragedia
del 24 agosto si finirà a parlare anche del post-terremoto in
Italia. D’altra parte la Germania è un attore fondamentale per far
sì che all’Italia venga concessa più flessibilità di bilancio.
Quanto alle altre due fasi –
emergenza e ricostruzione – sempre in ambito europeo si potranno
ottenere importanti risorse per lo stato centrale.
Dall’Ue sono infatti disponibili da
subito 5 milioni di euro dal Pac. Ma un forte sostegno economico
arriverà dal Fondo di solidarietà Ue, al quale l’Italia
può accedere chiedendone l’attivazione entro 12 settimane dal
disastro. Il fondo è nato per rispondere alle grandi calamità
naturali ed esprimere la solidarietà europea alle regioni colpite
all’interno dell’Unione e già in passato è stato utilizzato per
i terremoti di Molise, Aquila, Emilia-Romagna.
In questo caso la Commissione valuta la
richiesta e, se questa viene accettata, propone l’ammontare
dell’aiuto al Consiglio e al Parlamento europeo che devono darne
approvazione prima dell’erogazione.
La cifra che verrà negoziata, secondo
fonti del ministero dell’Economia e delle Finanze, non è da
sottovalutare e si aggirerà intorno ai 350-400 milioni.
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