Giorgio Tonini
20 giugno 2016
"E ora voliamo verso il governo
nazionale". Così Beppe Grillo ha commentato la netta vittoria
del M5s ai ballottaggi di ieri. Un obiettivo non solo legittimo, ma
pure realistico. Anche se l'esperienza storica dice che non sempre i
successi alle amministrative si ripetono alle elezioni politiche.
Perché gli elettori distinguono nettamente e con sapienza tra
l'elezione di un sindaco e la scelta del governo nazionale. E perché
le grandi città sono solo una parte del Paese e neppure quella
maggioritaria: la maggioranza degli italiani vive in provincia, nei
piccoli centri e senza il voto di questa Italia "profonda"
non si arriva al governo del Paese. Naturalmente questo "caveat"
vale per tutti, non solo per il M5s. Vale anche per il Pd. E dunque
esso non inficia minimamente il carattere realistico dell'obiettivo
indicato ai suoi militanti ed elettori da Beppe Grillo. Piuttosto,
l'ambizione di "volare al governo" deve fare i conti con
una fastidiosa, ma ineludibile domanda: se il volo dei grillini avrà
successo, lo troveranno davvero il governo del Paese? O troveranno
invece un sistema ingovernabile? Non è una domanda oziosa. Nei
comuni, dove hanno vinto la competizione elettorale, i candidati
sindaco hanno conquistato la guida delle rispettive città. Se ciò è
potuto accadere è per merito di un sistema istituzionale (elezione
diretta del sindaco con annesso premio di maggioranza in consiglio
comunale) e di una legge elettorale (a doppio turno) che consentono
ai cittadini di decidere chi deve governare le città e a chi vince
le elezioni di essere messo nelle condizioni di farlo. Ma questo
scenario potrà essere replicato sul piano nazionale alle prossime
elezioni politiche? La risposta non può che essere problematica:
dipende. Dipende da come andrà il referendum sulla riforma
costituzionale (e, indirettamente, su quella elettorale), previsto
per il prossimo mese di ottobre. Se vinceranno i Sì e la riforma
potrà quindi entrare in vigore, alle prossime elezioni politiche una
forza, quella premiata dal voto dei cittadini, potrà effettivamente
"volare al governo nazionale". Se invece vinceranno i No e
la riforma sarà bocciata, andremo a elezioni politiche che, con
tutta probabilità, per non dire con assoluta certezza, non
consacreranno nessun vincitore e nessuno potrà quindi "volare"
al governo: si dovrà "aprire un tavolo di trattative e
verificare la possibilità di convergenze politiche e programmatiche
che consentano la formazione di un governo tra forze politiche che
sono e restano alternative tra loro", eccetera eccetera
eccetera. Auguri. Dunque, solo se e a ottobre vincerà il Sì, nel
2018 saranno gli elettori a decidere chi deve governare il paese. E
mi pare di assoluta evidenza, tanto più dopo i risultati di
domenica, che la partita sia aperta, anzi apertissima, come deve
essere in una vera e solida democrazia. Forse anche a molti avversari
del Pd, a cominciare dal M5s, converrebbe quindi riflettere per un
attimo, con serietà e onestà: davvero un No in odio a Renzi vale il
prezzo di gettare il paese nell'ingovernabilità, quando invece,
approvando le riforme, si potrebbe, agli elettori piacendo, "volare"
alla guida di un paese governabile e per questo forte e rispettato in
Europa?
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