Luigi Di Gregorio
7 giugno 2016
I mezzi di comunicazione di massa
producono un sacco di danni alla politica.
La cosiddetta media logic – ossia, in
sintesi, la necessità che i mass media hanno di stare sul mercato,
“vendendoci” le notizie – spinge giornali e tv a
trasformare ogni avvenimento e ogni settore della società in un mix
di sensazionalismo, personalizzazione, banalizzazione, voyeurismo,
gossip. In una parola: spettacolo. Come diceva Guy Debord, nulla
sfugge dalla logica dello spettacolo, è come un blob che avanza e si
mangia tutto. Se non ci si adegua a quella logica, semplicemente non
si vende alcuna informazione. Perché non intrattiene e nessuno la
“compra”.
La politica non è per niente indenne
da questa logica, anzi ne è la prima vittima sacrificale.
Sono spariti i programmi, le politiche
pubbliche, le aree culturali, le idee, i partiti, a tutto vantaggio
di storie individuali, “immagini dei candidati”, profili più o
meno veritieri di singoli “eroi” chiamati a sobbarcarsi imprese
sempre più impossibili. Con campagne elettorali incentrate su
gravidanze, curriculum, Ferrari, pettegolezzi, retroscena, ecc.. E
niente altro, questo è il problema…
Questa deriva ha trasformato
completamente la percezione della politica agli occhi dei cittadini,
buona parte dei quali ritiene che un singolo può governare qualunque
cosa, praticamente da solo, pur non avendo idea di ciò che sta per
governare. La complessità è sparita, le competenze pure. Tutti
possono fare tutto, basta che siano onesti (il che peraltro è
semplice da dimostrare, quando non hai mai governato nulla…).
Tempo fa scrissi questo pezzo
sottolineando quanto fossi rimasto colpito dal fatto che nel M5S ci
fossero ben 209 persone convinte di poter fare il sindaco di Roma,
mentre i partiti “tradizionali” faticavano a trovare candidati.
Perché oltre 200 cittadini romani si
candidano con un videoclip alla carica di massimo cittadino della
capitale? Semplice, perché non hanno idea di quello che stanno
facendo.E non avendo idea, si sentono in grado di farlo.
E perché ci si dovrebbe lanciare in
un’impresa del tutto ignota con tanta leggerezza? Perché la
politica ormai passa per una cosa alla portata di tutti. La ragione
per cui “gli altri” hanno fallito è “solo” la loro
disonestà. Se io sono moralmente granitico, anche se non ho idea di
cosa sia la politica e l’amministrazione, sono serenamente in grado
di guidare l’amministrazione più complessa e messa male d’Italia…
Ieri, a Piazza Pulita, Formigli,
Berlinguer, Mieli e Sgarbi si interrogavano sulla capacità di
Virginia Raggi di governare Roma. Uno di loro, addirittura, ha detto:
“se riesce a mettere a posto le buche e a migliorare il traffico, è
fatta”. Ecco, questo è il messaggio che passa e che fa danni
incredibili. Se gli opinion leader, le “autorità cognitive”, ci
dicono in tv che basta fare due cose “semplici” per governare
bene Roma, noi ci convinciamo del fatto che tutti i predecessori
siano stati degli inetti totali, oltre che ladri (ovviamente). E che
dunque basta una “brava ragazza” che arriva e risolve tutti i
problemi con la bacchetta magica e una dose massiccia di buona
volontà.
Diamo qualche numero su Roma:
–
oltre 1200km quadrati di superficie, pari a 8 volte Milano e alla
somma delle superfici delle prime 9 città italiane per abitanti. Il
territorio amministrato dal Sindaco di Roma è pari alla somma delle
superfici di Milano, Torino, Napoli, Palermo, Genova, Firenze,
Bologna, Venezia e Catania.
–
Circa 6000km di strade: da Roma alla Groenlandia, per capirci.
–
Un bilancio di circa 7 miliardi di euro (e di circa 3 mila pagine…).
–
Un debito residuo ancora oggi pari a oltre 13 miliardi.
–
23 mila dipendenti; circa 55 mila considerando anche le aziende
municipalizzate.
–
15 Municipi, 23 Dipartimenti, 6 strutture di supporto agli organi
politici.
–
Un numero di centri di costo imprecisato, nessuno è riuscito a
quantificarli….in ogni caso nell’ordine delle centinaia.
–
Circa 20 mila provvedimenti amministrativi all’anno, tra delibere,
determine dirigenziali e ordinanze sindacali.
Potrei andare avanti, ma mi fermo qui.
Aggiungo solo una mia notazione personale. Quando dirigevo il
Dipartimento di comunicazione istituzionale di Roma Capitale
“viaggiavo” a 100 telefonate in entrata al giorno e circa 400
mail. Nessuna delle quali era per salututarmi o per chiedermi “Ciao,
come stai?”… Immaginate cosa arriva alla segreteria del Sindaco.
Ora, torniamo alla domanda di Formigli.
Può farcela Virginia Raggi a governare Roma meglio degli altri?
Ecco, questa domanda è semplicemente insensata. La domanda sensata
dovrebbe essere: è in grado Virginia Raggi di mettere in piedi una
squadra super competente, che conosca perfettamente la città, i suoi
diversi territori, gli stakeholders principali, la macchina
amministrativa e le sue municipalizzate? Ed è in grado di portare
avanti a livello nazionale una discussione seria sulla governance di
Roma? O, in alternativa, di ottenere risorse abbondanti da Governo e
Regione Lazio per provare a mettere qualche toppa ai tanti problemi
strutturali di questa città?
Invece, niente. Le “squadre” non
esistono più nell’era della personalizzazione: è tutta una
questione individuale. Come non esiste la complessità: tutto
semplice, basta riempire qualche buca… (per le quali servirebbero
4-500 milioni l’anno, particolare che “sfugge” a tutti).
Dove ci porta questa logica? Mi pare
abbastanza evidente. Ci porta a tritare e a consumare come caramelle
tutti gli “eroi” individuali possibili e immaginabili. Ognuno è
costretto a sobbarcarsi “mari e monti” per essere eletto e poi
paga l’onere di dover affrontare individualmente anche ogni
responsabilità, dagli scontrini alle multe, fino alle vicende più
grandi e complesse. E nessuno può uscire indenne. Neanche Mandrake
può governare Roma da solo.
Alle condizioni attuali, il Sindaco di
Roma è l’incarico pubblico più difficile in Italia e sul quale vi
è il carico di aspettative più alto in assoluto. Servirebbe un
dream team e probabilmente non basterebbe. Una squadra
iperlegittimata, in grado di dialogare con autorevolezza con tutti i
settori della città, con gli stakeholders più importanti, capace di
trasformare un’amministrazione affaticata e “impaurita” in
un’azienda virtuosa ed efficiente e in grado di impostare una
riforma della legge su Roma Capitale dialogando con le istituzioni
statali. Una squadra con una vision della città, che dia un senso
alla Roma contemporanea, al suo ruolo nella “megalopoli globale”:
una vera e propria metamorfosi culturale e strategica.
Insomma, mai come oggi Roma avrebbe
bisogno di una classe dirigente super e di un appoggio incondizionato
delle altre istituzioni nazionali.
Quello che vedo, invece, come probabile
maggioranza tra due settimane, è un gruppetto di ragazzi di buona
volontà senza competenze specifiche che ritengono gli stakeholders
solo lobbies e “poteri forti” da evitare come la peste, vedono
l’amministrazione come un covo di potenziali corrotti da far
ruotare come trottole per evitare le tentazioni, e possiedono una
vision della città che ha prodotto pannolini lavabili e baratto come
magiche soluzioni di lungo periodo. Inutile dire poi come sarebbe il
rapporto col governo nazionale e con la Regione Lazio, data l’innata
ritrosia del M5S a “trattare” con chiunque faccia parte dei
“vecchi partiti” (le parole più usate da Virginia Raggi in tutta
la campagna elettorale).
Ecco, non credo sia questa la classe
dirigente super di cui abbiamo bisogno. Ma d’altronde, se “a Roma
basta riempire qualche buca per fare il Sindaco”…è quella che ci
meritiamo ed è quella che vince grazie alla deformazione della
realtà impressa dalla banalizzazione mediatica.
La “realtà mediaticamente
determinata” che viviamo quotidianamente ci riempie di illusioni
ottiche. Una vera e propria malattia autodegenerativa per il sistema.
Per ora questa dinamica folle ha “solo” ucciso la politica di
professione. Fra breve ucciderà anche gli outsider civici (i tecnici
li ha già fatti fuori). Resta solo da capire quanto ci metterà a
distruggere il sistema-paese e l’intera comunità politica.
Nessun commento:
Posta un commento