Walter Veltroni
L'Unità 19 giugno 2016
Sarebbe un giorno sprecato questo se,
anche nelle elezioni comunali, prevalesse l’emotività sulla
ragione
Chi segue questa rubrica sa bene che la
mia principale inquietudine, da mesi, risiede nell’intreccio tra
recessione, precarizzazione della vita, emotività della “società
dell’istante”, una combustione che temo possa generare qualcosa
di spaventosamente inedito per la nostra generazione.
Non parlo solo dell’Italia, ma del
mondo occidentale e dell’Europa in particolare. Stiamo vivendo una
di quelle fasi di perdita di senso e di ragione che , ciclicamente,
colpiscono, date determinate condizioni, le opinioni pubbliche. Ce lo
dice l’assassinio della deputata laburista inglese, straziata da un
neonazista. Una deputata, una donna che ha fatto della politica il
senso della sua vita e che forse, se non fosse stata uccisa, sarebbe
stata dipinta, dallo spirito del tempo, come un’esponente del
potere, dell’establishment, il vero nemico di tutti quelli che,
cancellando destra e sinistra, aspirano a farsi loro establishment.
Jo Cox è stata una vittima della intolleranza ed era una donna che
credeva nei propri valori, che combatteva belle battaglie e difendeva
principi. Era una delle tante espressioni della buona politica,
quella che dovrebbe ritornare , per strappare l’erba maligna della
riduzione della più bella missione civile a puro potere, a
personalismo, correntismo, affarismo, corruzione.
Quando, per effetto di una serie di
fattori di crisi, la paura diventa regina e l’intolleranza dilaga,
allora la violenza, forma estrema di perdita del senso della vita,
compare con il suo carico di sangue e di vittime. Come la follia che
sta trasformando ogni giorno una manifestazione sportiva, gli Europei
di calcio, in una spaventosa saga di violenza, di razzi sparati, di
aggressioni a persone ree solo di essere nate in un altro paese, come
in guerra. E che dire dell’orrore di un essere umano che uccide un
uomo, la moglie e si chiede, in diretta su un social network, cosa
fare di un bambino di tre anni che dorme nella casa in cui lui ha
appena sgozzato sua madre? Cosa pensare di chi entra in un locale gay
e spara su ragazzi inermi? La violenza, forma estrema
dell’intolleranza, è un nemico che abbiamo imparato a conoscere,
noi che abbiamo visto persone che conoscevamo essere uccise o
uccidere, negli anni della follia terrorista.
La politica sembra ignorare tutto
quello che accade, salvo inseguire, affannata, le conseguenze.
Sembra, spesso, avere l’astuzia di un ispettore Clouseau che, pur
avendo squadernati davanti agli occhi tutti gli indizi, non riesce a
metterli insieme con un ragionamento compiuto e venire a capo di un
caso. Cos’altro deve succedere per far capire che siamo entrati in
un tempo inedito della storia dell’uomo? Che nulla tornerà come
prima, dopo la bufera? Tutto è messo in gioco, tutto è in
discussione. Persino la democrazia.
La politica, quando c’era, era un
laboratorio di idee, di analisi e di tentativi di leggere il
presente. Era la costruzione collettiva di una consapevolezza comune.
Si parlava, si discuteva, si passavano ore e giornate per i
decifrare, dalle sezioni di un quartiere ai vertici nazionali, i
passaggi di fase storica e per spiegarsi ciò che accadeva. Ora si è
moderni se si parla cinque minuti, preferibilmente per dire che il
leader di turno è un genio o un cretino e per farsi belli agli occhi
del capocorrente, che non si sa mai. La politica è chiamata oggi a
lottare contro le semplificazioni, le risposte emotive e irrazionali,
contro il dominio della paura. È, deve essere, lo strumento
dell’affermazione della razionalità e della speranza. Per farlo
deve essere alta, colta, attenta al disagio delle persone, deve
indicare nuovi modi di lavorare, sapere, vivere. Non deve spaventarsi
di fronte alla necessità di immaginare, oltre questa crisi, una
società diversa.
Non so quanto tempo ci sia, lo dico
sinceramente. So che ogni giorno buttato in frivolezze è un giorno
sprecato.
Come, lo dico, senza doverlo fare per
ufficio, sarebbe un giorno sprecato questo se, anche nelle elezioni
comunali, prevalesse l’emotività sulla ragione. Una città è una
macchina complessa e l’argomento di provarne “uno nuovo” per
guidarla non è l’argo – mento che si adopererebbe se si dovesse
scegliere il proprio chirurgo. Non sarà promuovendo un referendum al
giorno tra i cittadini – “sul sito del comune o sul blog di
Grillo” è stato detto confondendo partiti e istituzioni – che si
renderà più forte la democrazia e la partecipazione popolare. Un
sindaco deve scegliere, spesso in un istante , su cose che possono
riguardare la sicurezza e il destino della propria comunità. Ci
vogliono esperienza e capacità, virtù che non sono certo in
contrasto con il nuovo.
Considero una delle cose più
importanti della mia vita pubblica, quando avevo la massima
responsabilità politica, aver voluto eleggere, al primo turno, Carlo
Azeglio Ciampi come presidente della Repubblica. Posso assicurare che
Ciampi è stato, nel suo lavoro, più moderno, nel senso che forse
Italo Calvino avrebbe attribuito al termine, di tanti che oggi
pensano che un referendum tra centinaia di persone su un blog sia
democrazia o sia essere alla stregua dei tempi. Per questo spero
che, nei ballottaggi, i candidati del centrosinistra, di Roma,
Milano, Torino, Bologna, Trieste e gli altri, dopo questi mesi
difficili, possano farcela. Perché sarebbe un segno di ragione e di
speranza. Di cui c’è un grande bisogno.
Un’ultima cosa. Dopo il voto si
discuta. Si discuta davvero. Si cerchi di capire perché milioni di
persone hanno scelto di non votare. E non si abbia imbarazzi nel
dirsi che anche una parte del sostegno a Cinque stelle viene da
elettori di sinistra delusi. Non si ignori che la destra esiste e non
è sparita. Si sia consapevoli della forza e delle possibilità della
sinistra riformista, del Pd. Ci si dica, insomma, la verità.
Ma, forse, più che del voto stesso, si
cerchi di capire quello che sta accadendo, della storia che sta
cambiando molti dei paradigmi del novecento, con una velocità
impressionante. Si discuta come essere una forza di sinistra moderna.
Di sinistra e moderna, le due cose insieme .Si discuta volendo,
tutti, il bene del Pd che , continuo a pensarlo, è la principale
speranza di salvezza e cambiamento di questo paese. O, almeno, può
esserlo.
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