4 dicembre 2015
Lidia Baratta
La Fondazione Ismu ha presentato il
21esimo rapporto sulle migrazioni: i regolari sono il 93%, molti
vivono in famiglia, meno di un terzo è di religione musulmana.
Diminuiscono gli ingressi per motivi di lavoro. L’Italia è
diventata Paese di transito per chi punta verso il Nord Europa
Duecentotrentunomila contro
duecentotredicimila. «Tra il 2013 e 2014 sono stati di più gli
immigrati approdati alla cittadinanza italiana che quelli sbarcati
sulle nostre coste», dice Gian Carlo Blangiardo, professore di
demografia all’Università Bicocca di Milano e responsabile del
monitoraggio immigrazione della Fondazione Ismu, che ha presentato il
suo ventunesimo rapporto sulle migrazioni in Italia. «In Italia è
residente il 14,5% del totale degli stranieri presenti nei 28 Paesi
europei. Il nostro Paese va considerato a pieno titolo uno dei grandi
Paesi europei di immigrazione». Al 1 gennaio 2015 la popolazione
straniera in Italia ammonta a 5,8 milioni di individui, di cui circa
5 milioni (93%) sono regolarmente residenti nel nostro Paese. E
quattro su cinque vivono all’interno di nuclei familiari con un
progetto di vita stabile. Gli irregolari restano però oltre 400mila,
in crescita rispetto ai 350mila dell’anno scorso.
GLI SBARCHI Negli ultimi anni gli
sbarchi via mare di migranti e richiedenti protezione internazionale
sono aumentati. Ma i numeri sono lontani da un’invasione, come
qualcuno vorrebbe far credere. Tanto più che l’Italia più che
meta di immigrazione è diventata Paese di transito verso altri Paesi
europei. Nel bienno 2013-2014 gli sbarcati sulle nostre coste sono
stati 231mila (mentre nel 2012 erano stati meno di 20mila), di cui
170mila sono nel 2014, molti dei quali poi hanno «proseguito la loro
traiettoria migratoria verso altri Paesi, soprattutto nel Nord
Europa», spiegano i ricercatori di Ismu. Nel corso del 2015 lo
scenario è cambiato: a causa della pericolosità della tratta tra la
Libia e l’Italia i flussi migratori hanno deviato su altre rotte,
dirigendosi soprattutto verso la Grecia, per poi proseguire lungo i
Balcani. Dall’inizio del 2015 fino al 20 novembre hanno raggiunto
l’Europa via mare 863mila migranti, di cui solo 143mila sono
arrivati in Italia. Principalmente eritrei, nigeriani e somali. Un
fenomeno in crescita è però quello dei minori non accompagnati.
Solo dal 1 gennaio alla fine di ottobre del 2015 in Italia ne sono
arrivati 10.820. Di molti di loro si perde traccia.
Il 2014 e il 2015 sono stati anni
record per il numero dei morti nelle acque del Mediterraneo: dal 1
gennaio al 24 novembre 2015 3.548 hanno perso la vita in mare.
L’aumento degli sbarchi è legato all’aumento dei richiedenti
asilo. Le domande di asilo nel nostro Paese nel 2014 sono state
65mila. Nei primi dieci mesi del 2015 sono state 61.545 (in Germania
sono più del doppio).
“Dall’inizio del 2015 fino al 20
novembre hanno raggiunto l’Europa via mare 863mila migranti, di cui
solo 143mila sono arrivati in Italia. Principalmente eritrei,
nigeriani e somali”
IMMIGRAZIONE STABILE Dal 2010, per
colpa della crisi economica, gli ingressi di non comunitari con
permesso per motivo di lavoro sono scesi dell’84 per cento.
Sono in salita invece i permessi per
motivi familiari, che nel 2014 rappresentano il 40% del totale.
All’inizio del 2015 il numero di famiglie composte da 3-4 persone
tra gli stranieri è superiore al numero dei single. Cifre che
«dimostrano che la popolazione straniera che vive in Italia è
sempre più radicata sul nostro territorio», dice Blangiardo. Le
coppie con figli sono quasi il 60% dei residenti. I single sono il 21
per cento. I minori stranieri sono ormai oltre 1 milione. «Le
famiglie si radicano così sul territorio attorno a questi bambini
che crescono».
Uno straniero su 16 è presente nel
nostro Paese sin dalla nascita, mentre oltre il 45% è arrivato prima
del 2003, oltre dieci anni fa. Crescono anche i residenti con
permesso di soggiorno di lungo periodo. Negli ultimi quattro anni gli
extracomunitari con questo permesso hanno superato il 56 per cento.
La quota più alta tra albanesi, marocchini ed egiziani.
NUOVI CITTADINI Le acquisizioni di
cittadinanza sono in aumento, soprattutto da parte di interi gruppi
familiari. Nel biennio 2013-2014, 231mila stranieri hanno ottenuto la
cittadinanza italiana, di cui 130mila nel 2014. Nel 2012 erano poco
più di 60mila. Un nuovo italiano su tre ha meno di 15 anni.
I MUSULMANI NON SONO LA MAGGIORANZA Gli
stranieri aderenti all’Islam rappresentano meno di un terzo del
totale degli stranieri, circa un milione e 700mila unità. Poco più
di un terzo è rappresentato da cristiani, per metà cattolici, ma
crescono anche ortodossi e copti.
“Gli stranieri aderenti all’Islam
rappresentano meno di un terzo del totale degli stranieri, circa un
milione e 700mila unità. Poco più di un terzo è rappresentato da
cristiani, per metà cattolici”
IL MERCATO DEL LAVORO DEGLI STRANIERI
Dopo un calo nel primo trimestre del 2015, l’occupazione tra gli
immigrati è tornata a crescere, aumentando di 50mila unità rispetto
al 2014. Gli occupati stranieri hanno superato la soglia del 10% sul
totale degli occupati. Ma se prima della crisi gli stranieri godevano
di tassi di occupazione più elevati rispetto agli italiani, questo
vantaggio si è via via ridotto, passando dal 65,5% del 2005 al 59,2%
del 2015. Gli italiani sono fermi al 56 per cento. Cresce anche la
disoccupazione, che è arrivata al 16,9 per cento. «Sempre più»,
dicono dall’Ismu, «l’Italia si trova così a condividere con gli
altri grandi Paesi europei la duplice sfida rappresentata da un lato
dagli immigrati che perdono il loro lavoro e dai nuovi immigrati che
faticano a trovarne uno».
Tra gli stranieri, gli inattivi sono
1,2 milioni, di cui oltre il 70% è costituito da donne, per via
della «difficoltà che trovano nel conciliare l’impegno lavorativo
con la necessità di accudire i figli o persone non autosufficienti».
Aumentano i Neet anche tra i giovani stranieri, toccando punte
preoccupanti soprattutto in alcune comunità. Sono Neet quasi otto
donne su dieci nel caso del Bangladesh, quasi sette su dieci nel caso
del Pakistan, Marocco ed Egitto.
Ma per gli stranieri che arrivano in
Italia le possibilità di carriera sono poche, anche per i più
istruiti. Oltre il 70% è occupato come operaio, solo l’1% occupa
posti dirigenziali. Dopo il primo lavoro, quasi la metà degli
stranieri non ne trova uno migliore. Anzi, quasi un terzo peggiora la
propria condizione lavorativa. E negli ultimi anni è aumentata la
quota di immigrati occupata nell’agricoltura, con fenomeni diffusi
di sottoretribuzioni e lavoro nero. Unica novità: l’imprenditoria
straniera, cresciuta del 7% rispetto all’anno precedente.
Si conferma l’immagine dell’Italia
come un Paese che attrae soprattutto manodopera poco qualificata: il
42% degli stranieri ha un livello di istruzione basso, solo il 12%
alto, contro una media europea del 31 per cento. L’immigrazione nel
tempo è divenuta il bacino di reclutamento normale per tutta la
fascia di lavori poco qualificati. Non a caso, quattro immigrati su
dieci guadagnano meno di 800 euro al mese. Soltanto lo 0,6% ha una
busta paga superiore a 2mila euro.
“L’immigrazione nel tempo è
divenuta il bacino di reclutamento normale per tutta la fascia di
lavori poco qualificati, concorrendo in questo modo ad alimentare un
processo di complessivo peggioramento delle condizioni di lavoro“
GLI STRANIERI TRA I BANCHI Nell’anno
scolastico 2014/2015 gli studenti stranieri erano 805.800. Ma la
percentuale di coloro che abbandonano la scuola, 34,4%, è ancora
troppo alta. Così come è alto il tasso dei ragazzi sotto i 15 anni
che non riescono a raggiungere un livello sufficiente in lettura,
matematica e scienze.
Tra il 2010 e il 2014 le politiche di
integrazione scolastiche in Italia sono peggiorate, tant'è che in
questi quattro anni il nostro Paese è passato dal 19esimo posto al
23esimo. Gli studiosi di Mipex (Migrant Integration Policy Index)
sottolineano la difficoltà che ha la scuola italiana nel rispondere
ai bisogni dei differenti target di allievi stranieri, oltre
all'assenza di misure per inserire i neo-arrivati più svantaggiati.
“DEFICIT DI INTEGRAZIONE” «Non
dobbiamo sottovalutare il deficit di integrazione degli immigrati nei
Paesi europei», spiega Vincenzo Cesareo, segretario generale della
Fondazione Ismu. «È anche questo che induce a sposare il terrorismo
di matrice islamica, un malessere profondo che può indurre i
giovani, anche quelli della classe media, a sposare le idee
estremiste».
«Non dobbiamo sottovalutare il deficit
di integrazione degli immigrati nei Paesi europei. È anche questo
che induce a sposare il terrorismo di matrice islamica, un malessere
profondo che può indurre i giovani, anche quelli della classe media,
a sposare le idee estremiste»
Vincenzo Cesareo, segretario generale
della Fondazione Ismu