Fabrizio Rondolino
L'Unità 1 dicembre 2016
Il numero di oggi è un’enciclopedia
di castronerie tipo “Se vince il No è un favore a Renzi”
Un numero da collezione: il Fatto di
oggi è una specie di enciclopedia del Noismo, è un livido sabba
antirenziano, è una meravigliosa cartolina da un mondo che domenica
ci lasceremo alle spalle, è un monumento alla crisi terminale del
giornalismo in Italia, ed è anche, last but not least, una spassosa
antologia di castronerie destinata ad intasare persino la fantasia
complottarda del grillino più sprovveduto.
Dar conto nei dettagli del monumento
eretto oggi da Marco Travaglio alla propria malafede è impresa
improba, e forse persino inutile: basterà un veloce florilegio per
rendere l’idea, allietarci la giornata e indurci serenamente a
votare Sì.
Cominciamo dall’editoriale, che al
punto 5 – Travaglio oramai procede per editti, bolle e decreti –
spiega che “bisogna votare No” per fare un favore a Renzi.
Non è un refuso, avete letto bene: “Se
vince il No, non è affatto detto che le prossime elezioni le vincano
i 5Stelle. Anzi, paradossalmente è più improbaile”, spiega il
direttore, perché senza Italicum Grillo si scorda Palazzo Chigi. E
“non è neppure detto che il No farà perdere le elezioni a Renzi:
nel 2006 B. perse il referendum e nel 2008 stravinse le elezioni”.
Bisogna dunque votare No per impedire
ai grillini di andare al governo e per aiutare Renzi a vincere le
prossime elezioni: forse perché se così non fosse, se Renzi
malauguratamente dovesse rititarsi dalla vita politica, che ne
sarebbe del povero Travaglio e del suo brillante fatturato? Chi lo
inviterebbe più in tv, chi andrebbe a teatro ad applaudirne le
invettive rabbiose?
Ma è il punto 1 dell’editoriale-editto
che merita una particolare attenzione, perché riassume in una sola
frase la davvero invidiabile malafede del fronte noista: “Essendo
un referendum costituzionale, l’unica cosa che conta è la legge
costituzionale: si vota Sì o No alla riforma”. Ma davvero?
Decine di articoli sul Fatto di oggi
testimoniano l’esatto contrario: non una parola sulla riforma
costituzionale, e fiumi d’inchiostro su qualunque argomento sia
venuto in mente ai redattori del giornalino per denigrare il
presidente del Consiglio anche, e anzi soprattutto, quando non
c’entra nulla.
“Le quattro Italia tradite da Renzi
pronte a punirlo col referendum” è infatti il titolo d’apertura:
“terremotati, vittime dell’Ilva, delle banche e delle tv”
dovrebbero votare No perché il premier li ha “traditi”. Seguono,
nelle pagine interne, illuminanti approfondimenti dalla realtà
parallela in cui s’è rinchiuso Travaglio.
Marco Palombi scrive ben due articoli
per sfogare tutta la sua rabbia contro l’accordo che il governo ha
raggiunto con la famiglia Riva e che porterà all’Ilva di Taranto,
per il risanamento, poco meno di un miliardo e mezzo di euro.
L’idea che Renzi sia stato capace di
far rientrare in azienda (oggi sotto il controllo dello Stato) una
somma così imponente manda letteralmente fuori di testa il redattore
del giornalino, che prima sostiene l’inesistenza dell’accordo e
poi minaccioso si chiede “in cambio di cosa” è stato stipulato.
Enrico Fierro “inviato a Norcia”
racconta le difficoltà del dopo-terremoto, ben attento ad ignorare
tutto ciò che è stato fatto, per riconoscimento unanime delle
popolazioni e delle istituzioni locali, in aiuto dei
terremotati e in risposta alla tragedia. Il suo problema è il signor
Romano Regoli, che “ha speso una decina di migliaia di euro per una
casetta di legno e due container”. Il che dimostrerebbe che “tra
gelo e bugie” i terremotati sono stati “illusi da Renzi”.
Dove? Quando? Il pezzo naturalmente non
lo dice: lo sciacallaggio sulle tragedie altrui non prevede l’onere
della prova.
Stefano Feltri e Carlo Tecce
ricostruiscono con un po’ di fantasia e molta approssimazione le
spese sostenute dalla campagna per il Sì: “Il comitato ha soltanto
un milione di euro ma il Pd ne sta spendendo più di 10”. Vero,
falso? Chi può dirlo: e soprattutto, che importa?
L’essenziale è seminare il dubbio,
insinuare l’esistenza di finanziamenti occulti o illeciti,
dipingere un partito spendaccione e potenzialmente criminale. “La
legge – scrive scandalizzato il Fatto – ci vieta di sapere chi
investe milioni per il Sì”. E chi li investe per il No i soldi li
ha trovati sotto una zucca?
“Statali, 85 euro giusto prima del
voto” è invece il titolo dell’articolo – cinque colonnine in
fondo alla pagina 3, nella speranza che nessuno se ne accorga – con
cui Luciano Cerasa racconta l’accordo fra governo e sindacati
per il rinnovo (dopo sette anni) del contratto del pubblico impiego.
Che alcuni milioni di statali abbiano finalmente un nuovo contratto,
salutato con entusiasmo da tutte le organizzazioni sindacali, è
un’offesa personale di Renzi che gli elettori di certo non
dimenticheranno.
Virginia Della Sala denuncia
scandalizzata la presenza del premier in tv (“Renzi in onda a reti
unificate per il Sì: così il premier straborda nei tg di tutti i
canali”) e cita a conferma dello scandalo una ricerca condotta
dall’Osservatorio Mediamonitor Politica della Sapienza. Peccato che
la ricerca abbia riscontrato un sostanziale equilibrio
nell’informazione televisiva, rilevando come la maggiore presenza
di Renzi rispetto agli altri leader dipenda dal fatto che Renzi è il
presidente del Consiglio, e dunque in tv parla anche dei
provvedimenti del governo. Possibile che al Fatto non sappiano chi
siede a Palazzo Chigi?
La pagina dei commenti ospita una
ponderata riflessione del pittoresco Antonio Ingroia (“Uno solo al
comando è un favore alle mafie”) e una pacata analisi del non meno
pittoresco Maurizio Viroli (“Se vincerà il Sì avremo un padrone
della Repubblica sostenuto da illusi, da servi volontari, da
cortigiani astuti”). Nessun pesce vorrà mai farsi incartare da una
simile pagina.
A seguire, un’ampia intervista di
Alessandro Ferrucci a Sabrina Ferilli: “Sono dei piazzisti di
pentole che hanno promesso di tutto”. Ma lei, Miss Noista, non si
dà per vinta: “Ho troppa paura che possa vincere il Sì, meglio
non mollare a costo di prendere altri insulti”. Non è chiaro chi
abbia insultato la Miss: di certo, ogni riga del Fatto è un insulto
al buonsenso.
Infine, non poteva mancare Banca
Etruria. E qui Travaglio, come prevedibile, riesce a dare il meglio
di sé. In prima pagina il richiamo alla banca è tutto in chiave
antirenziana: “Assolti gli ex vertici. Ma anche i vigilanti, cioè
la Banca d’Italia, non pagheranno. Il conto è arrivato solo ai
risparmiatori falliti”. Veramente? E chi lo sa: la notizia è
un’altra.
E cioè, come scrive Giorgio Meletti,
che l’ex presidente di Banca Etruria, Giuseppe Fornasari, è stato
assolto dall’accusa di “ostacolo alla vigilanza”. Ma Fornasari
non c’entra niente con il governo, né con il fallimento della
banca, né con la gestione successiva, né con la presunta truffa
agli investitori.
Esausti, posiamo il Fatto e ci
guardiamo rasserenati intorno: l’Italia è proprio un’altra cosa.
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