venerdì 30 agosto 2019

nuone proposte di Di Maio

I 10 punti vincolanti di #DiMaio per fare governo. 


Di Maio vicepremier 
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martedì 27 agosto 2019

LA LEZIONE DI BERLINGUER.

Pierluigi Castagnetti
Nel 1976 Berlinguer (che avrebbe preferito Moro) accettó Andreotti, perché riteneva che sono i programmi e non le persone il terreno e lo strumento della discontinuità.

giovedì 18 luglio 2019

COMPASSIONE

Ermes Maria Ronchi
14 luglio 2019
Una parabola che non mi stanco mai di ascoltare; un racconto che continuo ad amare perché generativo di umano, perché contiene il volto di Dio e la soluzione possibile dell'intero dramma dell'uomo.
Un sacerdote scendeva per quella medesima strada. E il primo che passa, un prete, lo aggira, lo scansa, passa oltre. Ma dov'è questo oltre? Cosa c'è oltre? Oltre l'uomo c'è il nulla, l'assurdo, l'inutile! Nessuno può dirsi estraneo alle sorti dell'uomo, nessuno può dire: io non c'entro. Siamo tutti sulla medesima strada, nella medesima storia; ci salveremo o ci perderemo tutti insieme.
Il verbo centrale della parabola, quello da cui sgorga ogni gesto successivo del samaritano, è espresso con le parole "ne ebbe compassione". Che letteralmente nel vangelo di Luca indica l'essere preso alle viscere, come un morso, un crampo allo stomaco, uno spasmo, una ribellione, qualcosa che si muove dentro, e che è poi la sorgente da cui scaturisce la misericordia fattiva.
Il Samaritano scende da cavallo, si china, e forse ha paura, forse teme i briganti ancora vicini o una trappola. Ma la prossimità mette al centro il dolore dell'altro, non il mio sentire. E' un e­retico, un nemico che, mosso a pietà, gli si fa vicino. Sono ter­mini di una carica infinita, bellissima, che grondano di luce, grondano di umanità. Non c'è umanità possibile senza la compassione, il me­no sentimentale dei senti­menti, il meno zuccheroso, il più concreto: prendere su di me il destino dell'altro.
Non è spontaneo fermarsi. La compassione non è un istin­to, ma una conquista. Come il perdono: non è un senti­mento, ma una decisione. Il racconto di Luca adesso met­te in fila dieci verbi per de­scrivere l'amore: lo vide, si mosse a pietà, si avvicinò, scese, versò, fasciò, caricò, lo portò, si prese cura, pagò... fi­no al decimo verbo: al mio ri­torno salderò... Questo è il nuovo decalogo, i nuovi dieci comandamenti, per tutti, perché l'uomo sia promosso a uomo, perché la terra sia abitata da 'prossi­mi', non da avversari.
Un uomo scendeva da Geru­salemme a Gerico, un uomo fortunato. Perché l'esperien­za di essere stato amato gra­tuitamente, anche una sola volta nella vita, riempie di senso per lungo tempo la vi­ta, risana in profondità chi ha subito violenza e si è sentito calpestato nell'anima.
Ma chi è il mio prossimo? Gesù risponde: tuo pros­simo è chi ha avuto compassione di te. Allora ricor­dati di amare i tuoi samaritani, quelli che ti hanno salvato, rialzato, hanno versato olio e vino sulle tue ferite, e riversato affetto in cuore. Non dimenticare chi ti ha soccorso e ha pagato per te. Impara l'amore dall'amore rice­vuto. Li devi amare, con gioia, con festa, con gratitudine. E poi da loro imparare. Va e anche tu fa lo stesso. An­che tu diventa samaritano, fatti prossimo, mostra misericordia. Il vero contrario dell'amore non è l'o­dio, è l'indifferenza.
(Luca 10, 25-37)

sabato 13 luglio 2019

Al Pd (e al Paese) servono precisi obiettivi politici


Pierluigi Castagnetti
12 luglio 2019
La gente deve accorgersi che c’è chi sta lavorando a un’altra idea di paese
La dico banale: mi piacerebbe che dall’Assemblea di domani uscisse una linea che conduce da qualche parte. Uniti, divisi, proporzionalisti, maggioritari, poco importa, purchè si capisca in che direzione stiamo andando. E lo si capisse al punto che sui giornali di domenica potessimo leggerlo nei titoli. Dopotutto è questo il problema del Pd, e non è un problema da poco, me ne rendo ben conto: capire, nella situazione data, cosa  possa fare, dato che galleggiare stanca.
So bene che doversi opporre ogni giorno alle schifezze del governo e delle forze che lo compongono assorbe molte energie e tempo. Ma evidentemente non basta per interessare gli italiani, i quali danno per scontato che una forza di opposizione si opponga. Forse si potrebbe lasciare questo lavoro di opposizione, importantissimo sia chiaro, ai gruppi parlamentari che, per rendersi maggiormente visibili, potrebbero occupare anche il foro esterno: ricordo che quindici anni fa, in una condizione parlamentare analoga, Violante (capogruppo Ds), Intini (Psi) e il sottoscritto (Margherita), per mesi e mesi, tutti i fine settimana eravamo nelle piazze delle città italiane a raccontare e discutere di come facevamo opposizione in aula.
Ma devono esserci anche  altri luoghi in cui contemporaneamente si lavora a definire il profilo di una possibile Italia diversa.  Anche qui con periodicità altrettanto ravvicinata e con strumenti di lavoro (gruppi, forum tematici,  focus group d’”auscolto” come li chiamava Moro, feste tematiche, laboratori di comunicazione, formazione di squadre di “similtestimonidigeova” che con analoga gentilezza e preparazione organizzino visite guidate ai condomini delle periferie, ecc.) veramente innovativi e finalizzati a precisi obiettivi politici. Insomma la gente deve accorgersi che c’è chi sta lavorando a un’altra idea di paese.
Su quali focus il Pd dovrebbe concentrarsi? E’ evidente che la scelta è difficile perché sono tantissimi i temi scoperti o sbagliati dall’azione del governo, su cui ovviamente non si può mollare l’osso: accoglienza e  integrazione dei rifugiati, lavoro, famiglie, denatalità,  scuola, equità fiscale, periferie, ecc.
Io però concentrerei l’elaborazione e la proposta del Pd su quattro temi identificativi della sua anima culturale e, se fosse possibile dire,  persino ideologica: la reinseminazione etica del territorio sociale del paese; la revisione finalistica dei Trattati europei; la lotta sistematica ai cambiamenti climatici; la centralità di una strategia meridionalistica.
Mi piacerebbe che il cosiddetto uomo della strada, oggi spesso prigioniero inconsapevole dell’asfissia da cattiveria, che dalle strade e dai media sta investendo e avvelenando la testa e i polmoni di tutti, potesse dire: “ah il Pd!, quel partito cioè che vuole riportare gli italiani al catechismo della civiltà e dell’umanità, che ha deciso di ingaggiare una battaglia in Europa per riorientrarla alle necessità dei cittadini, che vuole fermare i cambiamenti climatici, che si è messo in testa di cambiare il mezzogiorno liberandolo dalle ingiustizie dalle mafie e dal minore sviluppo”.
Ognuno di questi temi ovviamente va sviluppato, coinvolgendo le migliori intelligenze, anche straniere, anche distanti dalle nostre  posizioni, che possono aiutarci pure solo come interlocutori interessati.
Possono essere i titoli di quattro Assemblee nazionali del partito, o quattro convegni nel prossimo autunno.
Importante è uscire dall’attuale condizione di tutto e niente, di caldo e freddo: la Scrittura non contempla misericordia per i tiepidi.

mercoledì 10 luglio 2019

se soffia il vento autoritario


Le parole di un liberale

L’amaca 10 luglio 019
Michele Serra

Il Nobel per la letteratura Mario Vargas Llosa,  fustigatore storico dei “cretini di sinistra”, è una delle icone intellettuali del pensiero liberale.  Impossibile bollarlo di “comunismo”; impossibile attribuirgli qualunque intenzione socialdemocratica o solidarista o cristiano-ecumenica o “buonista”, come si dice adesso con ebete conformismo. Vale dunque la pena rileggere le tremende parole che questo signore scrive a supporto della sua richiesta di dare il Nobel per la pace a Carola Rackete, che avrebbe agito «secondo le migliori tradizioni dell’Occidente democratico e liberale, agli antipodi delle quali c’è proprio ciò che la Lega e il suo leader, Matteo Salvini, rappresentano: non il rispetto della legalità, ma una caricatura faziosa e razzista dello Stato di diritto. Sono proprio lui e i suoi seguaci che incarnano i comportamenti selvaggi e la barbarie di cui accusano i migranti».
Leggendo lo sdegno di un liberale contro il governo italiano, si rafforza l’idea che lo scontro in atto nell’intero Occidente (Europa e Americhe) non sia più quello, tradizionale, tra destra e sinistra, ma tra il nazional-populismo e la democrazia così come si è strutturata nell’ultimo paio di secoli.
Devono essermi sfuggite, e me ne scuso, analoghe parole di allarme da parte dei democratici italiani non di sinistra, che da qualche parte devono pure abitare, e su qualche giornale devono pure scrivere. Fino a qui il Pd e una parte del mondo cattolico sono rimasti da soli a fare fronte, con accenti spesso retorici e impotenti, ma almeno udibili, contro la brutalità di modi e di pensiero del capo effettivo del governo. La sinistra non sa più chi è, cosa vuole e chi rappresenta, però le rimane qualche vaga idea a proposito di che cosa è civile e che cosa è «barbaro», per usare il lessico di MVL.
Meglio che niente.