mercoledì 10 luglio 2019

Le parole di un liberale

L’amaca 10 luglio 019
Michele Serra

Il Nobel per la letteratura Mario Vargas Llosa,  fustigatore storico dei “cretini di sinistra”, è una delle icone intellettuali del pensiero liberale.  Impossibile bollarlo di “comunismo”; impossibile attribuirgli qualunque intenzione socialdemocratica o solidarista o cristiano-ecumenica o “buonista”, come si dice adesso con ebete conformismo. Vale dunque la pena rileggere le tremende parole che questo signore scrive a supporto della sua richiesta di dare il Nobel per la pace a Carola Rackete, che avrebbe agito «secondo le migliori tradizioni dell’Occidente democratico e liberale, agli antipodi delle quali c’è proprio ciò che la Lega e il suo leader, Matteo Salvini, rappresentano: non il rispetto della legalità, ma una caricatura faziosa e razzista dello Stato di diritto. Sono proprio lui e i suoi seguaci che incarnano i comportamenti selvaggi e la barbarie di cui accusano i migranti».
Leggendo lo sdegno di un liberale contro il governo italiano, si rafforza l’idea che lo scontro in atto nell’intero Occidente (Europa e Americhe) non sia più quello, tradizionale, tra destra e sinistra, ma tra il nazional-populismo e la democrazia così come si è strutturata nell’ultimo paio di secoli.
Devono essermi sfuggite, e me ne scuso, analoghe parole di allarme da parte dei democratici italiani non di sinistra, che da qualche parte devono pure abitare, e su qualche giornale devono pure scrivere. Fino a qui il Pd e una parte del mondo cattolico sono rimasti da soli a fare fronte, con accenti spesso retorici e impotenti, ma almeno udibili, contro la brutalità di modi e di pensiero del capo effettivo del governo. La sinistra non sa più chi è, cosa vuole e chi rappresenta, però le rimane qualche vaga idea a proposito di che cosa è civile e che cosa è «barbaro», per usare il lessico di MVL.
Meglio che niente.

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