sabato 28 gennaio 2017

Biografia breve di Massimo D'Alema:

- D'Alema contro Natta: "ricostruiamo il centro sinistra";
- D'Alema contro Occhetto: "ricostruiamo il centro sinistra";
- D'Alema contro Veltroni; "ricostruiamo il centro sinistra";
- D'Alema contro Prodi: "ricostruiamo il centro sinistra";
- D'Alema (remix) contro Prodi: "ricostruiamo il centro sinistra";
- D'Alema contro Renzi: "ricostruiamo il centro sinistra".
Fine biografia breve di Massimo D'Alema.

venerdì 27 gennaio 2017

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26 gennaio 2017

27 gennaio 2017

"E voi, imparate che occorre vedere
e non guardare in aria; occorre agire
e non parlare. Questo mostro stava
una volta per governare il mondo!
I popoli lo spensero, ma ora non
cantiam vittoria troppo presto
il grembo da cui nacque è ancora fecondo"
B.Brecht

giovedì 26 gennaio 2017

Ceccanti: “Ora si può votare, il Parlamento scelga Mattarellum o altro”


Mario Lavia
L'Unità gennaio 2017
“L’incostituzionalità del ballottaggio è l’effetto della bocciatura del referendum”
La sentenza della Consulta è “ovviamente applicabile: adesso si può andare a votare. Il problema giuridico non c’è, è solo una scelta politica”: così dice Stefano Ceccanti, costituzionalista, ex senatore del Pd.
Non mi pare sorpreso dalla sentenza, professore…
E’ stata dichiarata l’incostituzionalità del ballottaggio, ma questo è un effetto logico della bocciatura della riforma costituzionale al referendum del 4 dicembre. Essendo stato mantenuto il Senato avremmo avuto una camera eletto in un turno e l’altra in due: direi che quella sconfitta ha portato dietro di sé la sentenza della Corte di oggi.
Politicamente, chi “aiuta” questa sentenza?
Ora deve decidere il Parlamento cosa vuole fare. La palla è ai partiti. Volendo, adesso si può andare a votare: ma se invece i partiti raggiungessero un’intesa più avanzata si potrebbe fare una nuova legge comunque in tempo rapidi. Ripeto, è tutta questione di volontà politica, non di questioni giuridiche. Si può riprendere benissimo il Mattarellum, alla luce di questa sentenza. O se altri hanno altre proposte le facciano.
Ma non bisogna armonizzare le normative per entrambe le Camere?
La Corte non indica obblighi giuridici, ma esercita una persuasione di carattere politico.
Però c’è la questione del premio.
Guardi, se ci fosse una forza politica in grado di superare il 40% alla Camera – e questo è assolutamente possibile perché scatterà il meccanismo del “voto utile” – allora ci sarebbe un trascinamento anche al Senato. I sistemi di Camera e Senato non sono così divaricanti come sembra a prima vista.
Un’ultima questione, quella dei capilista. Cosa significa il sorteggio per le pluricandidature dei capilista?
La Corte ha ribadito al legittimità dei capilista bloccati. E dice che non saranno i capilista a scegliere questo o quel collegio, ma un sorteggio. Perché? Per evitare che sia il capolista a decidere quale “numero due” entrerà in Parlamento.

martedì 24 gennaio 2017

Tonini: “Il rischio è la Grosse Koalition”


Maria Zegarelli
L'Unità 24 gennaio 2017
Il senatore Pd: “Ma un tasso di proporzionale è inevitabile”
«Il Pd deve essere il partito che dà risposte a quella parte ancora sofferente della società». Il senatore Giorgio Tonini si smarca dal dibattito sulla data delle urne e sulla sentenza di oggi della Consulta dice che «un certo tasso di proporzionalità del sistema è purtroppo inevitabile ».
Tonini, tutto sembra fermo in attesa della sentenza di oggi. Se venisse fuori un proporzionale che scenari si aprirebbero per il Pd?
«Intanto diciamo che la sentenza sarà auto applicativa, salvo alcuni dettagli, perché la giurisprudenza della Corte è sempre stata univoca: non si può dar vita a un voto legislativo che impedisca agli organi costituzionali, a cominciare dal Parlamento, di funzionare. Con il mantenimento del bicameralismo perfetto, che è uno dei risultati, a mio avviso assolutamente negativi del referendum, un certo tasso di proporzionalità del sistema è purtroppo inevitabile».
In un quadro di tripolarismo minoritario, il timore di molti, e l’auspicio di altri, è quello di una Grosse Koalition.
«La Grosse Koalition alla tedesca nasce sempre da uno stato di necessità successivo alle elezioni e mai da una scelta dei partiti prima del voto. Anche nel nostro caso può darsi che si determini la necessità dopo il voto di dar vita ad alleanze spurie, come è successo del resto in questa legislatura. Certamente non vedo un presentarsi del Pd e di Fi uniti alle elezioni».
Prodi ha rilanciato la necessità di un centrosinistra unito. Le sembra una ipotesi realistica, considerato il contesto?
«Il Pd è nato sulla base di due obiettivi: strutturare l’Ulivo che è sempre stato di più di una coalizione, come un grande partito plurale, il partito del centrosinistra; e sulla realistica considerazione che c’è una parte della sinistra incompatibile con la cultura di governo, come le due legislature guidate da Prodi si sono incaricate di dimostrare».
C’è chi vede proprio in Renzi un ostacolo ad un nuovo centrosinistra unito. Ha letto l’intervista di Massimo D’Alema?
«Come ha detto giustamente Paolo Gentiloni nell’intervista di D’Alema c’è un eccesso di spirito polemico e purtroppo non è la prima volta che succede. Renzi ha salvato una legislatura condannata all’inconcludenza dando vita ad un governo riformatore che ha prodotto risultati importanti per il Paese. Tornare indietro sarebbe una follia».
Stando alle dichiarazioni ufficiali di molti e ufficiose di altri, il partito del non voto sembra ingrossarsi di settimana in settimana. Si allontanano le urne a primavera?
«A me non ha mai appassionato la disputa sulla data, preferirei ci si concentrasse sul programma con il quale vogliamo andare al voto e sul rapporto tra le cose che dobbiamo fare nei mesi che abbiamo avanti con il governo Gentiloni e quelle che intendiamo proseguire nella prossima legislatura».
Che cosa non ha funzionato durante il governo Renzi?
«Una cosa fondamentale non ha funzionato: non siamo riusciti a far percepire alla maggioranza degli italiani il nesso assolutamente essenziale tra la strategia delle riforme costituzionali – e non solo – e i problemi e le sofferenze che colpiscono strati importanti della società italiana».
Il Pd che partito deve diventare?
«Le riforme restano la risposta ai problemi del Paese, non c’è un’altra risposta. Le pulsioni populiste certamente non lo sono. Ci serve un partito capace di organizzare questa risposta nel Paese, non con la nostalgia delle vecchie organizzazioni ma con la costruzione di un’organizzazione adatta al nostro tempo».
Secondo lei Renzi ha capito il messaggio venuto fuori dalle urne il 4 dicembre?
«Con le sue dimissioni Renzi ha fatto molto di più: si è assunto la responsabilità principale di una sconfitta così grave. Ora costruire una risposta e un rilancio è un compito di tutto il Pd insieme a lui».

sabato 21 gennaio 2017

CINQUE APPUNTI TELEGRAFICI SU DONALD TRUMP E NO


Editoriale per la Nwsl n. 421, 20 gennaio 2017  
Pietro Ichino
STIAMO ATTENTI A NON LIQUIDARE IL NEO-PRESIDENTE U.S.A. COME “POPULISTA”, O “DI ESTREMA DESTRA”: È IL NUOVO LEADER DEI “SOVRANISTI” DI TUTTO IL MONDO, I CUI ARGOMENTI NON SONO IRRAGIONEVOLI, NÉ PROPRI DELLA SOLA DESTRA, MA VANNO CONTRASTATI DIMOSTRANDO CHE LA GLOBALIZZAZIONE PUÒ CONVENIRE DAVVERO A TUTTI.
1. Sarà anche politicamente scorretto, ma, per favore, non chiamiamolo “populista”: è il leader mondiale dei sovranisti, cioè di coloro che considerano meglio porre un forte freno alla libertà di movimento delle persone, dei capitali e delle merci. Stiamo attenti: gli argomenti dei sovranisti non sono affatto irragionevoli. Sono convinto che siano sbagliati; ma è certo che la forte accelerazione del fenomeno della globalizzazione, per il modo in cui si è verificata negli ultimi due decenni, ha alimentato non poco quegli argomenti.
2. Se vogliamo battere i sovranisti di casa nostra, occorre per prima cosa capire i loro argomenti, almeno quelli che all’incirca corrispondono alla parte sensata dei discorsi di Donald Trump. E imparare a contrastarli con argomenti contrari più forti e con i comportamenti corrispondenti. Il più efficace consiste nell’individuare con precisione, indennizzare e sostenere le minoranze che dalla globalizzazione escono danneggiate. Anche perché questo è il miglior antidoto contro l’ansia da globalizzazione, della quale soffre anche una parte consistente della maggioranza che non ne sarà affatto danneggiata, ma teme di poterlo essere.
3. Un altro errore da non fare è considerare Donald Trump “di destra”: Bernie Sanders, leader dell’ala sinistra del Partito Democratico U.S.A., ha esplicitamente detto di concordare sulla maggior parte delle misure di politicaq economica proposte da Trump. Barak Obama ha un bel dire – peraltro con piena ragione – che contro la fame nel mondo ha fatto più la globalizzazione negli ultimi cinquant’anni, di quanto abbiano fatto tutti i movimenti sindacali, socialisti o comunisti negli ultimi due secoli; ma, sui due lati dell’Atlantico, la fame è vista come un problema degli outsiders e degli stranieri; mentre le ali sinistre, in genere, si occupano prevalentemente degli insiders indigeni.
4. Il trumpismo può piacere molto agli insiders di ciascun Paese anche sul versante degli imprenditori: la politica industriale del neo-presidente U.S.A. consiste nel difendere le strutture produttive esistenti contro i new entrants provenienti da fuori, ma così facendo finisce necessariamente per difenderle un po’ anche contro i new entrants indigeni. Gli anti-sovranisti di casa nostra devono essere convincenti nello spiegare agli elettori che, invece, tutti stanno meglio se si consente ai new entrants più bravi – stranieri o indigeni che siano – di venire in casa nostra a sostituire gli insiders meno bravi; e se, beninteso, nel contempo si indennizzano e sostengono i dipendenti di questi ultimi nel passaggio alle imprese migliori, che valorizzeranno meglio il loro lavoro.
5. Andiamoci piano anche nel considerare l’avvento di Donald Trump alla Casa Bianca come una iattura per l’Europa. Se il neo-presidente farà davvero quello che dice, cioè preferirà l’amicizia con la Russia di Vladimir Putin a quella con noi intesi come UE, questo ci costringerà finalmente, per non rischiare di avere tra poco i russi in Ucraina e nelle repubbliche baltiche, a darci un dispositivo di difesa europeo sul fronte nord-est; e già che ci siamo anche sul fronte sud-est, dove la situazione non è certo più tranquilla. Il che implica che ci sia un vero ministro della Difesa comune. E quindi anche un vero ministro del Bilancio comune. Potremo continuare a litigare sui decimali di punto di deficit e a star fermi sulle cose che contano soltanto se la maggioranza repubblicana del Congresso di Washington non consentirà a Donald di fare quello che dice di voler fare.

manca la Gruber