Mario Lavia
Democratica 8 dicembre 2017
Egregio Presidente,
chi si permette di scrivere questa
lettera è uno dei tantissimi italiani che negli ormai lontani anni
Novanta, quando Cosa Nostra insanguinava i marciapiedi della sua
Palermo e ammazzava gli eroi Falcone e Borsellino, vedeva in lei il
degnissimo continuatore della guerra alla mafia; e con emozione la
vedeva alla tv circondato dalla imponente, necessaria scorta, sul
luogo dell’ultimo attentato, o muoversi in quella enorme sala
bunker dove infine si assestò un colpo mortale agli uomini di Totò
Riina.
Per questo quando Lei accettò di
entrare in politica e in Parlamento con il Pd fu per tanti un’ottima
notizia. Un grande combattente darà il suo contributo di conoscenza
e di stile personale alla riforma delle giustizia – mi dissi – e
in ogni caso al miglioramento della qualità delle istituzioni e
della politica.
Lei, caro Presidente Grasso, è una di
quelle personalità che hanno reso l’Italia migliore, e in un certo
senso la sua figura appartiene a tutti, poiché fa parte di un
patrimonio condiviso che è alla base della nostra democrazia. In
questo modo, persino al di là della sua vicinanza al Pd, il suo
ingresso in politica venne percepito: e la sua elezione a presidente
del Senato ne costituì il suggello.
Oggi, a quanto sembra, Lei si accinge
ad una scelta che sorprende chi ammira in lei il valore nazionale e
generale della sua azione. Una scelta politica, ovviamente del tutto
legittima, che rischia di sminuire la sua figura di grande italiano a
leader di un piccolo schieramento di gruppi e partiti dai tratti
prevedibilmente minoritari e estremistici. Uno scarto, insomma, una
deviazione da un percorso sin qui lineare e illuminato.
Diventare il capo di un cartello
elettorale di forte minoranza, per di più un cartello dominato da
figure assai inclini alla polemica interna ai limiti del cannibalismo
politico, una sommatoria di sigle che non tarderanno a litigare fra
di loro, una piccola Cosa rossa che proprio nella sua Sicilia ha già
mostrato i suoi limiti: mentre i populisti, anche grazie alla
spaccatura del centrosinistra favorita da questa aggregazione di cui
Lei si accinge a divenire il leader, alzano la testa e “vedono”
una possibile vittoria elettorale: ha senso?
Dunque, egregio Presidente, voglia
accogliere le preoccupazioni di un suo ammiratore per una sua scelta
che rischia di sminuire il suo ruolo e di non fare il bene della
sinistra italiana.
Con sincera stima.
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