Sarò un cocciuto, ma se ha ancora un senso la mia passione politica, questo è legato alla faticosa ma entusiasmante impresa di credere, che attorno a noi ci sono tante belle energie che vanno investite di nuova responsabilità. Energie che anche in questi anni, sono state mortificate dagli apparati, dalle caste e dai capi bastone che, a tutti i livelli, hanno impedito l'affermarsi di preziose risorse umane diffuse nella società nazionale e bresciana.
Sul congresso degli iscritti ho gia ampiamente espresso il mio dissenso, la miopia di questa scelta oltre che produrre risultati modesti, rischierà di vanificare ancora una volta, l'obbiettivo di appassionare la gente alla politica.
Nonostante ciò abbiamo deciso, in attesa del congresso nazionale dell'8 dicembre, di prendere parte anche a Brescia al congresso provinciale, chiedendo ad Antonio Vivenzi una disponibilità per una battaglia tutta in salita.
Antonio Vivenzi, l'amministratore locale del consumo zero di territorio, giovane dirigente, libero e coraggioso, che ha abbracciato fin da subito, senza reticenze e senza calcoli e tornaconti, lo spirito nuovo di Matteo Renzi, rappresenta l'occasione vera di cambiamento del partito democratico anche a Brescia
Le motivazioni della nostra scelta, sono legate alla convinzione che senza la nostra presenza, il partito democratico bresciano si sarebbe ridotto ad una resa dei conti tra vecchi compagni e tra ex amici.
Abbiamo fatto di più, abbiamo chiesto a tanti giovani sindaci di guidare le liste sui territori, chiedendo loro di aiutarci in questa difficile competizione. Questa scelta rappresenta una scommessa sul futuro della politica anche a Brescia; questo sarà possibile, se questi bravi amministratori, sapranno trasferire le loro competenze, le buone prassi sperimentate nei territori, il rapporto virtuoso con i cittadini, la loro generosità e concretezza a disposizione della politica. Una politica spesso fatta di tante chiacchiere e tanta retorica, che ha portato la propria credibilità, vicino allo zero. Questa è la nostra sfida a Brescia. Sono convinto che, nonostante il congresso chiuso, nonostante le cordate, i giochini dei piccoli funzionari e le tessere degli ex, la risposta di tanti militanti e iscritti sarà per noi incoraggiante e ci sarà di grande aiuto per continuare la nostra buona battaglia per un rinnovamento non più rinviabile.
L'organizzazione a livello nazionale si incentrerà su due
strutture essenziali: il Centro di ascolto e dialogo, connesso con i
milioni di elettori del congresso-primarie; e, l’Ufficio del programma,
Il partito è un mezzo, non un fine. Il fine è cambiare l’Italia, secondo i principi di libertà, eguaglianza e solidarietà.
1 – Il Pd è lo strumento, che va cambiato dalle fondamenta per renderlo coerente con questo scopo.
2 – Il Pd deve essere un partito a vocazione maggioritaria,
protagonista principe della competizione per il governo in un sistema
bipolare.
La maggioranza necessaria per governare non si conquista con le
alleanze politiche –magari definite dopo il voto – ma convincendo la
maggioranza degli elettori.
3 – Per questo, il segretario del Pd è candidato alla guida del
governo e viene scelto con elezioni primarie aperte a tutti gli
elettori che vogliano parteciparvi.
Il superamento di questa identificazione – che si è tentato di
imporre prima che il congresso cominciasse,abrogando l’ articolo 3 dello
statuto – muterebbe la natura e la funzione politica del Pd. E dovrebbe
obbligatoriamente tradursi nella decisione di riservare l’elezione del
segretario ai soli iscritti.
4 - Il Pd concepisce il suo elettorato non come un “blocco sociale”,
definito una volta per tutte dal moderno conflitto capitale-lavoro, ma
come un insieme di flussi, fatti convergere verso il Pd dal suo progetto
politico, coerente insieme di visione, leadership e programma. Non ci
sono “i nostri” e “i loro”: ci sono cittadini da convincere che “noi”,
per guidare l’Italia verso una nuova stagione di sviluppo qualitativo e
quantitativo, siamo migliori di “loro”.
5 – È la coerenza del progetto politico il fattore principale della
credibilità del Pd, poiché rende prevedibili le sue scelte fondamentali.
I comportamenti non possono discostarsi dai pilastri portanti del
progetto. Dire chiaro quello che si vuole fare. Fare quello che si è
detto. Rispondere di ciò che si è fatto.
6 – Nel Pd le massime cariche di direzione sono effettivamente
contendibili, in rapporto ai risultati ottenuti. Se la sua leadership
non guida il partito al successo in elezioni nelle quali l’avversario
perde più della metà dei suoi voti, si fa immediatamente da parte e
accelera il ricambio. Non cerca di ritardare il più possibile il
congresso previsto dallo statuto.
In un partito così, non può neppure sorgere – perché contraddittoria
con la sua stessa natura – l’idea di vietare per regolamento l’esplicito
collegamento di un candidato segretario di circolo o provinciale al
confronto tra candidati segretari nazionali e relative mozioni.
7 – La struttura organizzativa del Pd non è “leggera”, perché è
incentrata sul rapporto del partito-organizzazione (iscritti, circoli,
organismi dirigenti) con i milioni di elettori che partecipano alla
elezione del segretario e dell’assemblea nazionale. E non è “pesante”,
perché riduce drasticamente gli apparati burocratici (e i relativi
costi); e usa le tecnologie della comunicazione per coinvolgere
sistematicamente nella elaborazione e nella decisione sulle politiche
tutti coloro che manifestino interesse a parteciparvi.
Per questo, l’organizzazione del Pd a livello nazionale si incentrerà
su due strutture essenziali: il Centro di ascolto e dialogo, connesso –
anche attraverso la rete dei circoli territoriali – con i milioni di
elettori del congresso-primarie; e, l’Ufficio del programma, che
utilizza le migliori competenze di cui il partito dispone per studiare
la realtà e avanzare proposte, da affidare sia al centro di ascolto per
la discussione, sia ai gruppi parlamentari.
8 – Il Pd assomiglia più ad una rete che ad una piramide. È un
partito nel quale l’espressione «far crescere il congresso dal basso» è
un non senso, semplicemente perché è un partito meno verticale e più
orizzontale.
9 – Il Pd intende partecipare attivamente al processo di costruzione
di una nuova organizzazione internazionale delle forze progressiste, cui
aderiscano ad identico titolo sia i partiti socialdemocratici europei,
sia i partiti democratici, come quello degli Usa e dell’India. Per
questo, il Pd non aderisce al Pse e si impegna a portare a compimento la
strada intrapresa con la costituzione del gruppo dei Socialisti e
Democratici al parlamento europeo.
10 – L’identità democratica è la più forte ed inclusiva tra quelle
che animano il campo del centrosinistra nel mondo. Essa è autonoma e
originale rispetto alle concluse esperienze del riformismo italiano del
novecento. Per questo, è tempo che i Democratici smettano di definirsi
in rapporto alle loro precedenti esperienze ed identità politiche. Non
sono ex. Semplicemente, sono i Democratici.
La deputata del Pd eletta al ballottaggio con 25 voti. Fava (Sel) e
Gaetti (M5S) vicepresidenti. Ma il Pdl non partecipa al voto e minaccia
di disertare i lavori. La presidente: «Se tutti insieme facciamo un
piccolo passo riusciremo a ricordarci che siamo qua per combattere la
mafia e non per farci la guerra tra di noi»
I manager d'oro del Pirellone: aumenti da 20mila euro annui
Gli aumenti a 54 dirigenti sono stati
contestati all'interno della stessa Regione, tanto che sono partiti un
paio di esposti in Procura. Per gli stipendi dei manager quest’anno si
spenderanno 20,4 milioni di euro
Faccia a faccia, strettamente privato, tra il presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano, a Firenze, e il sindaco della città e
candidato alla segreteria del Pd Matteo Renzi.
Il sindaco di Firenze nella sua mozione dedica un paragrafo al terzo settore, «che in realtà è il primo, perché dà il senso dei valori in cui crediamo». Cuperlo: «È il settore che ha meglio retto l’urto della crisi». Civati: «Eccellenza italiana». Pittella: «Stabilizzare il 5 per mille»
Tutti e quattro i contendenti alla segreteria PD Matteo Renzi , Gianni Pittella, Pippo Civati e Gianni Cuperlo dedicano alcune righe al Terzo Settore nei rispettivi documenti congressuali.
Il sindaco di Firenze balza prima all’occhio perché dedica al tema l’ intero paragrafo 8 (per quanto breve, e abbastanza generico nella trattazione) all’interno del capitolo 2 IL PD DEVE CAMBIARE VERSO ALL’ITALIA. Con queste parole:
«Ci sono cinque milioni di italiani che ogni giorno fanno qualcosa per gli altri tramite l’associazionismo, il volontariato, il Non Profit. Lo chiamano Terzo Settore, ma in realtà è il primo. Perché dà il senso dei valori in cui crediamo: è il mondo del volontariato generoso, delle cooperative sociali, dell’assistenza solida e solidale. Occupa 1 milione di lavoratori, ma soprattutto aiuta il paese a non cadere nel vittimismo. Il PD che faremo starà a fianco di questo mondo con entusiasmo e rispetto».
Gianni Cuperlo parla di terzo settore in una parte dedicata al reddito minimo garantito («Servono a breve interventi mirati, come il Reddito minimo di inserimento. Il PD deve impegnarsi con determinazione perché sia introdotta questa misura, seppure in modo graduale, a partire dalla lotta alla povertà assoluta. Ci sono proposte importanti come quelle delle Acli, della Caritas, del Forum del Terzo settore che esprimono una elaborazione seria dalla quale è necessario partire») e nell'analisi della situazione economica del Paese: «Le nostre società», scrivono Cuperlo, «vedono l’emergere di nuovi bisogni quasi ogni giorno. Il vecchio intervento pubblico non può farvi fronte da solo. Non è tanto questione di costi o risorse insufficienti, che pure pesano. È la presa d’atto dell’esistenza di una domanda di beni relazionali come l’amicizia o la fiducia. È la strada di un nuovo welfare civile capace di salvare l’universalismo senza cedere all’assistenzialismo. Qui c’è uno spazio enorme per il Terzo settore e per le sue organizzazioni. Non parliamo di utopie filantropiche, ma di una realtà che in Italia, solo nell’ultimo decennio, ha rappresentato il settore che ha meglio retto l’urto della crisi con oltre un milione di occupati e quasi cinque milioni di volontari».
Pippo Civati cita tra le eccellenze italiane «attività non profit e di cooperazione sociale portate
ad esempio come modelli internazionali» e parla dell'esistenza di due modelli di welfare: «Interpretare le organizzazioni del terzo settore come semplici fornitori e ragionare in chiave dioutsourcing, oppure integrare le esperienze e le conoscenze che queste organizzazioni hanno acquisito, anche grazie alla loro vicinanza con i destinatari dei servizi e con i territori in generale. Nel primocaso riproporremmo il meccanismo di mercato, di separazione “contrattuale”; nel secondo caso attueremmo la co-produzione, coinvolgendo la cittadinanza non solo nell’erogazione maanche nel design e nella gestione delle policies»
Pittella mostra da anni una sensibilità spiccata nei confronti del Volontariato e parla di terzo settore nel capitolo DECIDERE LE PRIORITÀ, nel paragrafo “È sempre la cultura che decide dell’economia e non viceversa” : «Al terzo settore e al volontariato deve essere finalmente riconosciuto istituzionalmente un ruolo sociale ed una capacità di sviluppo che è già nei fatti. Dovrebbe essere garantita la massima libertà di associazione, la partecipazione e la trasparenza, armonizzando le leggi nazionali e regionali, riprendendo il ruolo positivo esercitato dall’Agenzia Terzo Settore purtroppo soppressa e riformando le norme sull’impresa sociale, evitando tentazioni lucrative e stabilizzando il 5 per mille effettivo.
Il Terzo Settore offre un contributo importante e ha un ruolo rilevante nella costruzione economica, occupazionale, civile, morale del nostro vivere comune. È per la vocazione civica e solidale, per la capacità di coinvolgimento, di costruire legami sociali, leggere i bisogni e costruire risposte concrete attraverso l’autorganizzazione delle persone. Nelle difficoltà dei nostri giorni, i partiti politici ed i sindacati perdono credibilità e capacità di incidere, restano prigionieri di dinamiche interne e dell’incapacità di ridefinire la propria funzione sociale. Mentre volontariato e Terzo Settore crescono come argine alla frammentazione sociale e si presentano come attrattori di partecipazione, laboratorio dell’innovazione di welfare, cantiere di nuova cittadinanza democratica.
Il bisogno di partecipazione è forte, è chiaro. I dati di partecipazione e popolarità del Terzo Settore sono in crescita negli ultimi anni. La volontà di poter fare per sé e per gli altri si scontra con l’incapacità della politica organizzata di ritrovarsi attuale e si muove verso spazi differenti».
Al di là del Documento congressuale, Renzi si è esposto più volte anche pubblicamente in difesa del Terzo Settore. Intervenendo a Roma lo scorso 8 ottobre, in occasione del decennale di Enel Cuore a Roma -la Non Profit legata ad Enel- si è espresso in questi termini: «Il Terzo settore in questi anni ha assunto il ruolo di primo settore. In prima fila ovunque ci sia stato da rimboccarsi le maniche. Le emergenze che avremo nei prossimi anni avranno sempre più bisogno del lavoro del non profit che a sua volta per crescere dovrà sempre più essere sostenuto dai privati. Un esempio su tutti quello delle fondazioni bancarie».
Vita No-Profit - 25/10/2013
Il primo che secondo Matteo Renzi doveva essere "rottamato", Massimo D'Alema, riconosce il fondamento della rottamazione. "Quando si dice rottamazione si fa una critica, anche molto severa, su una generazione che ha fallito. Non sarebbe onesto non riconoscere che la questione ha un fondamento". Lo dice l'ex premier in un passaggio del suo intervento ad una tavola rotonda dal titolo 'Cambiare basta?' dove tuttavia premette: "Mi dà fastidio il disprezzo del passato. Bisogna saper distinguere le responsabilità perché talento e merito non si misurano con criteri meramente generazionali".
Uffingtonpost - 24/10/2013