venerdì 3 gennaio 2014

Le tre proposte di Renzi sulla nuova legge elettorale

Internazionale 3 gennaio 2014

Il 2 gennaio il segretario del Pd Matteo Renzi ha scritto una lettera alle forze politiche di maggioranza e opposizione per proporre delle riforme istituzionali.
Nel testo, pubblicato sul suo sito ufficiale, Renzi ha lanciato tre proposte di ispirazione maggioritaria per una nuova legge elettorale:
  • Modello spagnolo. Divisione del territorio italiano in 118 piccole circoscrizioni con un premio di maggioranza del 15 per cento (92 seggi) alla lista vincente. Ogni circoscrizione elegge un minimo di quattro e un massimo di cinque deputati. Soglia di sbarramento al 5 per cento.
  • Modello della legge Mattarella (nota anche con il nome di “Mattarellum”). 475 collegi uninominali e assegnazione del 25 per cento dei collegi restanti attraverso un premio di maggioranza del 15 per cento e un diritto di tribuna (l’elezione d’ufficio per i partiti che non superano lo sbarramento) pari al 10 per cento del totale dei collegi.
  • Modello del doppio turno di coalizione dei sindaci. Chi vince prende il 60 per cento dei seggi e i restanti sono divisi proporzionalmente tra i perdenti. Possibile un sistema con liste corte bloccate, con preferenze, o con collegi. Soglia di sbarramento al 5 per cento.
Nella lettera Matteo Renzi ha ribadito anche due proposte di riforma istituzionale che aveva già anticipato nei mesi scorsi:
  • La riforma del bicameralismo, con la trasformazione del senato in camera delle autonomie locali e la cancellazione di ogni indennità per i senatori, che non vengono più eletti.
  • La riforma del titolo V della costituzione per restituire allo stato alcune competenze oggi in mano alle regioni e ridurre il numero dei consiglieri regionali e le loro indennità (al livello di quello che guadagna il sindaco della città capoluogo).
I diritti civili. In un post scriptum, Renzi ha anche sottolineato di volere un registro delle unioni civili e una riforma della legge Bossi Fini sull’immigrazione. “All’interno del patto di coalizione che si dovrebbe siglare a gennaio, tra le forze che sostengono la maggioranza, sarà cura del Pd chiedere dunque che ci sia un capitolo Diritti Civili che comprenda non solo le modifiche alla Bossi Fini o le unioni civili per persone dello stesso sesso o la legge sulla cooperazione internazionale o i provvedimenti per le famiglie, ma anche una disciplina più moderna ed efficace delle adozioni”, ha scritto Renzi.

La mossa che ha svelato il bluff

Giovanni Cocconi 
Europa   
 
Abolire il senato, come chiede Renzi? Le reazioni dei Cinquestelle parlano da sole: c'è chi vuole abolire la camera, chi vorrebbe mantenere il bicameralismo, chi aspetta il responso della Rete
Per ora, per ragioni di tempo, il lavoro di Matteo Renzi è riuscito a metà. Il primo scopo del nuovo segretario del Partito democratico era di tornare a dettare l’agenda del dibattito pubblico. Grazie alla scelta di giocare a tutto campo, parlando con tutti, e in contropiede rispetto ai tempi della politica (come si è visto ieri, 2 gennaio) Renzi sta centrando il primo obiettivo. Su legge elettorale, riforma del senato, sforamento del patto di stabilità europeo ieri tutto il mondo politico è dovuto intervenire sulle idee lanciate dal segretario del Pd. A breve, potrebbe succedere anche sulla riforma del mercato del lavoro.
La mossa renziana è servita anche a svelare il bluff del Movimento 5 stelle. In un’intervista al Fatto quotidiano il leader dem ha sfidato i parlamentari dell’M5S a votare l’abolizione del senato così com’è e la sua trasformazione in camere delle autonomie, quindi non elettiva, quindi molto meno costosa, con un risparmio che si stima vicino al miliardo. Come racconta Francesco Maesano su Europa le reazioni parlano da sole. Tra i parlamentari cinquestelle c’è chi vorrebbe abolire la camera e non il senato, chi vorrebbe mantenere entrambe le camere così come sono, chi dice che si deve aspettare il responso della Rete e chi dice che con Renzi non si parla ma non spiega perché.
Insomma, come già successo sulle province, il passaggio dalle parole ai fatti si rivela un problema per un movimento molto più preoccupato di parlare all’opinione pubblica fuori dall’aula che di risolvere i problemi dentro. Renzi riconosce che non tutti gli “onorevoli cittadini” sono uguali, che alcuni hanno buone intenzioni e stanno imparando il mestiere. È un modo per sfidarli sul loro terreno, un’apertura di credito tattica per costringerli a scoprire le carte sui temi a loro più cari e sui quali anche il Pd si gioca un bel pezzo di consenso elettorale.
Poi, naturalmente, nemmeno a Renzi può bastare la capacità di dettare l’agenda. La disillusione dei cittadini verso la politica è così radicata e la crisi sociale così profonda che non basta l’effetto-annuncio. Lui è il primo a saperlo e, a giudicare da queste ore, ha fretta di dimostrarlo.

giovedì 2 gennaio 2014

Vergogna!!!!

  Il Fatto Quotidiano 2 gennaio 2014

Lazio, “agenzia beni confiscati inattiva”. Ma con direttore e 10 dipendenti

La Corte dei Conti definisce il mantenimento dell'Abecol, istituita nel 2009, come "non giustificabile". Anche perché la legge è cambiata dal 2011.

Napolitano


 

Ci seppellirà tutti.

Scelta Civica alla deriva. I centristi si tirano il loden e reclamano posti nel governo

Il Fatto Quotidiano
2 gennaio 2014
 
Il partito di Monti, fondato un anno fa, si è già spaccato. Le parole d’ordine erano rigore, sobrietà e autorevolezza. Ora il deputato Librandi chiede le dimissioni dell'ex Mario Mauro, mentre l'ex finiano Della Vedova parla di Pier Ferdinando Casini come un esempio di "Dr. Jekyll e Mr Hyde"

Renzi, riforma elettorale à la carte. E propone tre soluzioni

Valentina Longo 
Europa  

Nella prima e-news del 2014 la proposta di un patto di coalizione, una soluzione che «toglie alibi a tutti», l'impegno sui diritti civili, tagli ai partiti e jobs act
Basta con le «stanche liturgie di sempre, i tavoli, le riunioni di coalizione», è il momento di «lanciare in modo chiaro e trasparente le nostre  proposte». Lo scrive Matteo Renzi sulla sua e-news 380, pubblicata oggi sul suo sito. Il segretario del Pd avverte che il Pd «da solo non basta» e «le regole si scrivono insieme» a tutti. A cominciare da quelle sulla riforma elettorale, per cui propone tre ipotesi e «tutte e tre garantiscono governabilità. Alternanza. Chiarezza. Sono tutte comprensibili da chiunque. Sono chiare e restituiscono fiducia nella politica». E annuncia subito un incontro con i senatori il 14 gennaio e la convocazione della direzione Pd per il 16.
Parte così il 2014 di lavoro per il nuovo leader del Pd, dopo gli auguri («Buon anno a tutti. È il primo giorno lavorativo dell’anno e allora aggiungo anche un bel “Buon Lavoro a tutti”. Ne abbiamo un gran bisogno»), con un «pensiero particolare a chi ha perso il lavoro e a chi lo sta cercando», e l’auspicio di «un 2014 ricco di sogni concreti».
Subito le riforme. Eccole le «tre possibili soluzioni alle altre forze politiche sulla legge elettorale»,s crive Renzi: «Togliamo gli alibi agli altri: sono tre soluzioni molto diverse l’una dall’altra ma tutte e tre con la fondamentale caratteristica di rispettare il mandato delle primarie dell’8 dicembre che costituisce il riferimento fondamentale mio e del Pd. Doppio turno come i sindaci, modello spagnolo con premio di maggioranza e circoscrizioni piccole, rivisitazione della legge Mattarella con premio di maggioranza al posto del recupero proporzionale. Vediamo gli altri se ci stanno o vogliono solo perdere tempo», scrive, «tutte e tre garantiscono governabilità. Alternanza. Chiarezza. Sono tutte comprensibili da chiunque. Sono chiare e restituiscono fiducia nella politica».
Sugli impegni il Pd, dice Renzi, «sarà a totale disposizione dei singoli partiti per incontri bilaterali che aiutino a precisare, approfondire, modificare la proposta migliore» e lancia «il 14 gennaio la Commissione affari costituzionali della camera entra nel vivo. E per regolamento ha pochissimo tempo per decidere. Dunque, se vogliamo fare le cose sul serio, eccoci. In quindici giorni la politica può recuperare la faccia che ha perso in questi anni».
L’incontro con i senatori «così ci parliamo in faccia, senza troppi giri di parole, circa la necessaria trasformazione del senato in Camera delle Autonomie e quindi la cancellazione di incarichi elettivi e retribuiti in senato». A seguire poi la direzione Pd, convocata per il 16 gennaio, quando si mostrerà anche «come procedere per il Jobs Act che è un documento molto più articolato di quello che si è letto fino ad oggi».
Sui diritti civili ecco poi cosa propone il sindaco di Firenze: «Sarà cura del Pd chiedere dunque che ci sia un capitolo Diritti civili che comprenda non solo le modifiche alla Bossi Fini o le unioni civili per persone dello stesso sesso o la legge sulla cooperazione internazionale o i provvedimenti per le famiglie, ma anche una disciplina più moderna ed efficace delle adozioni».
In calce all’e-news, la lettera inviata ai partiti: «Gentilissimi, nei giorni scorsi quasi tre milioni di italiani mi hanno affidato l’incarico di guidare il Partito democratico attraverso le primarie. Si tratta di una responsabilità molto bella che cercherò di adempiere con il massimo della dedizione, del coraggio, della fantasia. Non credo di esagerare quando dico che il voto delle primarie è un messaggio per tutta la classe dirigente, non solo per noi. Il 2013 che si è appena chiuso è stato un anno terribile per la politica.
Il passaggio elettorale non ha prodotto un vincitore certo, la coalizione di maggioranza si è assottigliata prima di procedere a riforme significative, forte è il clima di disgusto dei cittadini nei confronti dei loro rappresentanti.
Le primarie hanno impegnato il mio partito, il PD, primo partito nel voto del 2013 e in termini di rappresentanza parlamentare a prendere l’iniziativa, in modo rapido e chiaro. E credo giusto farlo senza tattiche e secondi fini. Da noi i cittadini oggi esigono rapidità di decisione e chiarezza delle posizioni. Oggi, primo giorno lavorativo del 2014, dobbiamo dimostrare di aver chiaro che non possiamo perdere neanche un secondo.
Il mio partito chiede alle forze politiche che siedono in parlamento, a tutte e ciascuna, di uscire dalla tattica e provare a chiudere un accordo serio, istituzionale, su tre punti.
1) Una legge elettorale che sia maggioritaria, che garantisca la stabilità e l’alternanza, che eviti il rischio di nuove larghe intese.
2) Una riforma del bicameralismo con la trasformazione del Senato in Camera delle Autonomie Locali e la cancellazione di ogni indennità per i senatori che non vengono più eletti ma diventano tali sulla base dei loro ruoli nei Comuni e nelle Regioni.
3) Una riforma del titolo V che semplifichi il quadro costituzionale e istituzionale, che restituisca allo Stato alcune competenze oggi in mano alle Regioni (per esempio l’energia) e che riduca il numero e le indennità dei consiglieri regionali al livello di quello che guadagna il sindaco della città capoluogo.
Per essere ancora più stringenti e rispettare la tempistica che ci viene dal Regolamento della Camera, dove la Commissione Affari Costituzionali sta esaminando la legge elettorale, il PD fa un ulteriore passo in avanti. Pur consapevoli del ruolo di partito di maggioranza relativa, rinunciamo a formulare la nostra proposta ma offriamo diversi modelli alle forze politiche che siedono insieme a noi in Parlamento, convinti come siamo che ciascuna di queste tre proposte rispecchi il mandato assegnatoci dagli elettori delle primarie. Pur essendo il primo partito non imponiamo le nostre idee, ma siamo pronti a chiudere su un modello tra quelli qui sommariamente esposti.
I. Riforma sul modello della legge elettorale spagnola. Divisione del territorio in 118 piccole circoscrizioni con attribuzione alla lista vincente di un premio di maggioranza del 15% (92 seggi). Ciascuna circoscrizione elegge un minimo di quattro e un massimo di cinque deputati. Soglia di sbarramento al 5%
II. Riforma sul modello della legge Mattarella rivisitata. 475 collegi uninominali e assegnazione del 25% dei collegi restanti attraverso l’attribuzione di un premio di maggioranza del 15% e di un diritto di tribuna pari al 10% del totale dei collegi
III. Riforma sul modello del doppio turno di coalizione dei sindaci. Chi vince prende il 60% dei seggi e i restanti sono divisi proporzionalmente tra i perdenti. Possibile sia un sistema con liste corte bloccate, con preferenze, o con collegi. Soglia di sbarramento al 5%
Il PD è pronto a recepire suggerimenti, stimoli, critiche su ciascuna di queste tre proposte. Ma chiediamo certezza dei tempi e trasparenza nel percorso: la politica non può più fare passi falsi. Nella prossima settimana sarà nostra cura chiedere appuntamenti bilaterali a chi di voi sarà disponibile a incontrarsi. L’obiettivo sarà capire in modo semplice e trasparente se esiste la possibilità di chiudere rapidamente un accordo istituzionale. Non servono molti giri di parole: volendo, in qualche ora si chiude tutto. Volendo, però. E il PD dimostra di volerlo nel momento in cui non si attesta su una sola posizione secca, prendere o lasciare, che sarebbe irrispettosa delle altre forze politiche, ma apre a più possibilità chiedendo solo di non perdere neanche un minuto.
Vi auguro un 2014 migliore del 2013. Per voi, per le vostre famiglie, certo. Ma anche per il nostro Paese. Nel rispetto dei diversi ruoli, abbiamo una straordinaria responsabilità: un accordo alla luce del sole, il più rapido e vasto possibile, sulla legge elettorale sarebbe un segnale semplice ma chiaro che iniziamo l’anno nel migliore dei modi. Perché prima dei destini personali e dei rispettivi partiti, viene l’Italia e vengono gli Italiani. Il PD è pronto ad accettare la sfida»

Pd, adesso tocca a te

Mario Lavia 
Europa  

Il discorso di Napolitano è stato impeccabile. Adesso spetta soprattutto al gruppo dirigente del Pd, ivi compreso Letta, il da farsi. Senza escludere nulla
In equilibrio fra svelenimento delle polemiche e richiamo al fare, il messaggio di fine anno di Giorgio Napolitano è stato semplicemente impeccabile.
Non sprecheremo qui righe sul fallito “boicottaggio” dei brunettian-minzoliniani (gli ascolti sono andati benissimo) e nemmeno sulle farneticazioni un po’ impappinate del comico di Cinque Stelle.
Piuttosto, è utile cercare di cogliere il senso politico vero del discorso del presidente della repubblica. Che, ancora una volta, ha rilanciato nel campo dei partiti il compito di fare le riforme, sia pure «senza entrare nel merito» e senza drammatizzare più di tanto il nesso già ben noto fra riforme e svolgimento del rinnovato mandato presidenziale.
Se Napolitano, con garbo ma con chiarezza, ha riproposto l’urgenza di agire, è evidente che adesso la parola è ai partiti. Anzi – diciamola chiara – ad un partito, il Pd, che è quello che possiede le chiavi del governo e della legislatura.
Il capo dello stato, che è un politico fine e espertissimo, coglie che la linea del nuovo Pd renziano è cambiata, e ne tiene conto, per esempio, evitando apologie della governabilità come valore in sé.
Sia Letta che Renzi hanno apprezzato molto il discorso del capo dello stato. Ergo, sono entrambi convinti che è venuto il momento di passare ai fatti.
Dunque il punto, in sostanza, è che il gruppo dirigente del Pd (ivi compreso il presidente del consiglio) è chiamato a stabilire un percorso chiaro e a disporsi al confronto con gli altri partiti della maggioranza. Come, vedranno loro: se a Renzi non garba il tradizionale format del vertice di maggioranza se ne trovi un altro, ma non vorremmo che si discutesse per giorni se il tavolo debba essere rotondo o quadrato.
La cosa positiva di queste ore invece è che il Pd sta ritrovando una sua unità sulla impostazione del nuovo segretario: o il governo fa le cose o è meglio guardarsi negli occhi e decidere il da farsi, senza escludere alcuna possibilità. Lo dice Renzi, lo ripete Cuperlo, lo pensano in tutte le aree del partito: le primarie sono veramente servite.
Una linea pragmatica, tuttora senza un finale scritto. Ma è una linea. E l’impressione è che al Quirinale l’abbiano intesa.