Mario Lavia
L'Unità 31 maggio 2017
L’obiettivo di un listone: ma guidato
da chi e per fare cosa?
Deponendo per un attimo la bottiglia
dell’olio di ricino per i giornalisti che non la pensano come lui,
oggi Andrea Scanzi scrive una cosa sensata, pur in un profluvio di
banalità (per gli aficionados del vecchio settimanale per ragazzi
Il Monello, ecco il pezzo).
Scrive bene Scanzi: “La storia della
sinistra è piena di casi in cui 2+2 non ha fatto 4 ma molto meno.
Vedi Sinistra Arcobaleno. Quindi, se Bersani si unisse a Civati e
Fratoianni, e non li vedo granché vogliosi, magari si eliderebbero a
vicenda”.
Per questa e altre ragioni, l’ospite
fisso di Otto e mezzo boccia la suggestione del super-ospite della
medesima trasmissione, Marco Travaglio, che aveva proposto
un’alleanza post-voto fra sinistra eM5S (proposta che sinora
nessuno ha preso in considerazione, tranne l’amico Scanzi che l’ha
bocciata: un trionfo).
In effetti l’improvvisa accelerazione
sul sistema tedesco, soprattutto per via del maledetto sbarramento al
5%, pone alla sinistra radicale l’annoso interrogativo – che
fare? – tenendo presente che in politica la somma non fa il totale:
sommare pezzo a pezzo va bene con il Lego, ma elettoralmente può
rivelarsi una tragedia.
Il 5% non è poco. Speravano in un più
abbordabile 3%, soprattutto Bersani e i suoi quando si scissero dal
Pd. Adesso bisogna rifare i conti.
Ma qual è il quadro a sinistra, oggi?
Quante possibilità ci sono per fare un listone a sinistra del Pd? E
guidato da chi? E per fare che cosa?
Tutti – da Nicola Fratoianni a Pier
Luigi Bersani, da Massimo D’Alema a Pippo Civati fino ai “civici”
– di cui diremo – sanno che solo un listone può salvarli. E non
sarebbe comunque impresa facile.
I soggetti in campo sono principalmente
tre: Sinistra Italiana (Fratoianni, Vendola, Fassina – mettiamo in
quest’area anche Civati; Articolo 1-Ndp (Bersani, D’Alema,
Speranza, Scotto); Campo progressista (Pisapia). A questi si andrà
ad aggiungere, in forma che ancora non si conoscono, un’aggregazione
“civica”: intellettuali d’area (persone molto mobilitate per il
No al referendum del 4 dicembre tipo Tomaso Montanari, Gustavo
Zagrebelsky, Anna Falcone). Più sullo sfondo, c’è Rifondazione
comunista di Paolo Ferrero, ormai politicamente indistinguibile da
Sinistra Italiana.
Già da questo elenco emerge una certa
eterogeneità della figure e delle posizioni ma diciamo che
l’antirenzismo può essere un collante efficace. Sempre ammesso –
e soprattutto non concesso – che un uomo come Giuliano Pisapia
voglia giocare a fare l’anti-Renzi, in una sorta di remake del film
horror recitato da Antonio Ingroia e non invece quello, più consono
a una figura del suo livello, di contrappeso di sinistra ad un Pd
considerato moderato.
Pisapia, già. Sta diventando lui
l’oggetto del desiderio di quest’area. Il federatore. Il leader
(già, e che fine fanno gli altri?).
Ma non allo stesso modo: il partito di
Fratoianni non ha sciolto i dubbi sul tasso di antirenzismo dell’ex
sindaco di Milano, e in generale soffre la possibile egemonia di
Campo progressista nella sua area. Bersani, più pragmatico, è
pronto a saldare Mdp con Si e con altri soggetti della piccola
galassia di sinistra radicale; e lo stesso dicasi di D’Alema, il
quale però è malvisto dagli uomini di Ferrero che non gli hanno mai
perdonato cosa tipo Kosovo o Bicamerale; ed effettivamente la
presenza di Rifondazione comunista può essere un problema anche per
Mdp o Pisapia.
Il giurista milanese per il momento
gioca sul filo dell’equilibrio per non rompere con nessuno, nemmeno
con il Pd. Perché il problema strategico è appunto questo. Con il
proporzionale ognuno gioca per sé, ma dopo? Mentre per Fratoianni
un’intesa con Renzi è impensabile, per Pisapia questo dilemma non
è stato ancora sciolto.
Al segretario di Si il proporzionale
piace perché lo libera dall’incubo della coalizione: “Mi pare
che i Prodi, i Monaco, i Pisapia facciano molto fatica ad accettare
che una fase della vita politica della nostra Italia si è chiusa con
la sconfitta del centro-sinistra nel 2013″, ha scritto Fratoianni
evocando la necessità di “una sinistra che in Italia non c’è
ancora, talmente forte da mettere in discussione con il proprio
consenso e i propri voti l’asse su cui si orientano le forze
centriste come il Pd di Renzi”.
Nelle prossime settimane si discuterà,
nell’area. Ai primi di luglio si tireranno le somme. E buona
fortuna.
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