Roberto Morassut
L'Unità 7 aprile 2017
Molto popolo di sinistra ha visto
nell’ex premier la garanzia più affidabile e forte per contrastare
l’onda populista
La prima fase delle primarie ha visto
Renzi votato da 2/3 degli iscritti al Partito Democratico. Molti
iscritti di antica militanza di sinistra non solo non hanno lasciato
il Pd ma hanno votato un leader che non viene dalla loro stessa
tradizione politica. Penso che questo successo abbia in sé una
componente che deriva da un radicato sentimento proprio della
tradizione più sana dei comunisti italiani.
In un momento difficile per le sorti
del Paese e anche per la sopravvivenza del Pd scosso da una scissione
e da forti tensioni interne, molto popolo di sinistra ha visto in
Renzi la garanzia più forte e affidabile per contrastare l’onda
populista e le ambizioni della destra sovranista e per dare
all’Italia il peso che deve avere nel concerto europeo e in un
mondo nel quale è difficile intravvedere i segni di un “governo
mondiale”.
Quella stessa gente ha capito che il
governo ha fatto delle cose buone e “di sinistra.” Questa cosa la
riconoscono anche gli avversari di Renzi che con lui hanno fatto
parte del governo, come Andrea Orlando che ha guidato egregiamente e
con apprezzamento il comparto delicato delle riforme della Giustizia,
vero e proprio tallone d’Achille del sistema Italia. Non tutte le
ciambelle sono uscite col buco. Ci mancherebbe. Ma abbiamo
dimenticato con troppa fretta il trauma del 2013 quando ci siamo
ritrovati, dopo il voto, un Parlamento paralizzato e sull’orlo di
un collasso che non si verificò solo grazie a due leader
democratici: il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il
leader del Pd, Renzi, che nel 2014 assunse la guida di un governo con
una maggioranza spuria, unica percorribile.
In queste condizioni sono state fatte
grandi cose e se la riforma costituzionale non ha ottenuto il
consenso della maggioranza degli italiani questo è dovuto ad una
questione politica molto semplice: il governo ha dovuto caricare
sulle sue spalle il compito inevitabile di guidare riforme elettorali
e costituzionali che erano compito del Parlamento.
Ma il Parlamento italiano non era in
grado di fare nulla. Quindi le riforme sono state identificate col
Governo. La politicizzazione è nata da questo ed ha pesato molto più
della personalizzazione imputata a Renzi, che pure vi è stata e che
egli ha riconosciuto. Penso che Renzi vincerà bene anche le
primarie. Io lo sosterrò – come ho fatto fino ad ora – perché
penso le stesse cose di tanto popolo di sinistra che ancora
costituisce una colonna portante di questo Pd.
In un mondo carico di nubi e minacce,
in una società scossa dagli umori dei cantori del sovversivismo
sovranista, in una politica senza più un pondus certo ed
intellegibile serve un punto forte di tenuta democratica, capace di
allargare il perimetro democratico, di combattere il populismo anche
sul suo terreno, con messaggi semplici e diretti, di perseguire il
mantenimento del principio maggioritario sia nelle regole elettorali
sia nell’idea di partito.
E questo – per me – significa
Renzi. Ai compagni di sinistra che sono a disagio perché vedono
offuscata una tradizione politica rispondo: guardate bene la realtà,
non è così. E dico che se quella tradizione della sinistra
riformista vuole riavere un ruolo anche nel Pd non può rivendicare
solo la nostalgia. Deve sapersi misurare. Un tema dove misurarsi
tutti (e che anche per Renzi dovrà essere un impegno) è il profilo
di questo Partito. Perché non c’è dubbio che una forte leadership
può essere indebolita da un partito lottizzato in correnti di potere
e senza capacità di iniziativa politica e di respiro culturale ed
ideale. Come oggi indubitabilmente è.
Non c’è dubbio che il “partito
pensante” non va d’accordo con le consorterie clientelari, le
adesioni taroccate, una classe dirigente più furba che capace, come
spesso avviene in tanta parte dell’Italia. Renzi deve essere un
leader democratico a tutto tondo e non un “capo”. Se fosse stato
solo un capo non si sarebbe affermato come leader. Dopo le primarie
inizierà un altra fase politica. E sbaraccare certi tabernacoli di
potere annidati in tante realtà locali, vedere con obiettività dove
c’è passione, dedizione e qualità a prescindere (in parte) anche
dall’anagrafe sarà quel che occorre e che ci si aspetta da un
leader forte, per quello che riguarda il futuro del Partito come
organizzazione politica. Questo credo si aspetti la “gente di
sinistra” che vota e voterà Matteo Renzi senza paraocchi e con la
saggezza di chi ha combattuto sempre in un paese nel quale essere di
sinistra o comunista italiano ha sempre significato difendere e
rafforzare la democrazia.
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