Fabrizio Rondolino
L'Unità 25 aprile 2017
Il fascismo di oggi si chiama razzismo,
intolleranza, xenofobia
L’antifascismo e la Resistenza non
sono uno slogan o una festa o una posizione politica, ma
costituiscono il tessuto profondo e l’anima autentica del nostro
Paese, perché sono radicati nella memoria viva di milioni di donne e
di uomini di ogni età, fede religiosa, passione politica, ceto
sociale.
I partigiani, del resto, non erano
funzionari politici né tantomeno rivoluzionari di professione, ma
normalissimi cittadini costretti dalle circostanze, e quasi sempre
contro la propria volontà, a mettere a rischio la propria vita e a
diventare eroi. È questo il motivo per cui la Resistenza ha vinto:
perché rappresentava e incarnava una grande maggioranza di popolo.
Se per un caso fortunato tutti i partigiani d’Italia fossero ancora
qui con noi, è molto probabile che alle prossime elezioni
voterebbero più o meno come il resto degli italiani: a sinistra, al
centro e naturalmente anche a destra.
Non sciupiamo il 25 Aprile, non
facciamone uno strumento di divisione, di polemica, di battaglia
politica, di rivendicazione correntizia.
Nel 1994, ad un mese dalla prima
vittoria elettorale di Silvio Berlusconi, sotto una pioggia battente
sfilarono a Milano migliaia di persone convinte che l’antico slogan
“Ora e sempre Resistenza” si dovesse ormai riferire al nuovo
presidente del Consiglio, il quale a sua volta evitò ogni
manifestazione pubblica e preferì festeggiare la Liberazione con una
messa privata.
Quindici anni dopo però, nel 2009,
Berlusconi nuovamente a palazzo Chigi salì a Onna, il paese
d’Abruzzo appena ferito dal terremoto e vittima di una feroce
strage nazista nel giugno del ’44, per celebrare, circondato dai
partigiani e con il fazzoletto tricolore al collo, la “festa di
tutti gli italiani che amano la libertà e che vogliono restare
liberi”. Sembrava che il Paese finalmente fosse sul punto di
riconciliarsi.
Oggi qualcuno vorrebbe tornare a
dividere, a contrapporre i buoni ai cattivi, i duri e i puri ai
tiepidi e agli ignavi, la Brigata Ebraica ai centri sociali che
inneggiano a Hamas, il Pd oramai perduto alle buone ragioni della
Resistenza all’incorruttibile Anpi che quelle ragioni usa come una
clava. Sarebbe un errore clamoroso.
L’identità di un Paese, la sua
storia e la sua anima, non possono e non debbono essere oggetto di
polemiche strumentali, di divisioni, di giudizi senz’appello
formulati da chissà quale tribunale rivoluzionario.
Se oggi c’è un avversario politico
da combattere, se c’è un pericolo per la democrazia, questo si
chiama populismo, xenofobia, razzismo, intolleranza, nazionalismo. Il
fascismo – quest’invenzione italiana esportata purtroppo con
tanto successo in Europa e nel mondo – è un fiume carsico che
percorre la società italiana ed europea e di tanto in tanto ritorna
impetuoso in superficie, cambia nome e forma, miete consensi
popolari, ma nella sua sostanza profondamente illiberale rimane
sempre identico a sé.
Il voto francese dimostra che
l’avversario si può battere con la buona politica e con una vasta
unità di popolo: perché in Italia dovrebbe andare altrimenti?