Intervista a Piero Ichino
“Onestà” non è
soltanto non rubare, ma anche non usare il potere legislativo a soli
fini di propaganda, non produrre leggi che sono fatte solo per poter
lanciare qualche slogan, come quello ridicolo della “Waterloo del
precariato”
Il decreto Dignità «è frutto di una totale improvvisazione»,
dovuta anche alle divisioni interne al Movimento5Stelle sulle
politiche del lavoro. «Vi sono più anime, alcune anche contrarie
per esempio al ripristino dell’articolo 18», è l’analisi di
Pietro Ichino, giuslavorista, considerato il padre della riforma del
lavoro del 2015, senatore del Pd nella precedente legislatura.
Divisioni nel M5s che in futuro potrebbero evolvere e dar luogo anche
a una «convergenza con il Pd
Domanda: Professor Ichino, partiamo da un dato di cronaca:
lo scontro in atto tra il governo Conte e il presidente dell’Inps
Tito Boeri, in merito alle stime sulla perdita di posti di lavoro
dopo il decreto Dignità. Stime realistiche o no?Risposta:
Stime molto diplomatiche: l’Inps ha vistosamente corretto la
perdita di posti al ribasso, proprio per evitare di poter essere
accusato di faziosità antigovernativa.
Però Salvini ha chiesto le dimissioni di Boeri e Di Maio
ha parlato di una manina che ha inserito la stima sugli 8mila posti
nella relazione tecnica, salvo poi scoprire che la stima era
disponibile da giorni prima che fosse resa pubblica. Che cosa sta
succedendo?R. Succede che il “governo del cambiamento”
sta rispolverando una delle idee più vecchie del dibattito sulle
politiche del lavoro, un’idea che risale addirittura agli anni ’70
e che credevamo archiviata definitivamente.
Quale?R. Quella secondo cui non soltanto la
retribuzione, ma tutto il resto della disciplina dei rapporti di
lavoro sarebbe una “variabile indipendente”. L’idea che si
possano aumentare liberamente non soltanto gli standard salariali, ma
anche i costi derivanti dalle rigidità della regolazione giuridica,
senza che questo influisca sui livelli occupazionali. In altre
parole, l’idea dell’onnipotenza del diritto del lavoro.
D. Invece?R. C’è un margine entro il quale
gli standard inderogabili correggono delle distorsioni del mercato
senza effetti depressivi sui livelli occupazionali. Si può anche
decidere di andare oltre quel margine, ritenendo che ci sia un
guadagno in qualità del lavoro che compensa la perdita di quantità;
ma in questo caso, appunto, bisogna saper fare bene i conti, saper
guardare la realtà in faccia. E non prendersela con un’agenzia
indipendente, qual è l’Inps o la Ragioneria generale, che sta
svolgendo con molto scrupolo e misura il proprio compito tecnico.
D. Secondo lei, il decreto ha almeno il potere di
accrescere la tutela dei diritti dei lavoratori?
R. Certo, il decreto stabilisce vincoli più stringenti. La questione è: a chi giova questo giro di vite e quanto? Quali costi comporta, e a carico di chi sono questi costi? Proprio per rispondere a questi interrogativi è indispensabile un dialogo stretto fra il legislatore e gli esperti delle scienze sociali, in particolare dell’economia e della statistica. Solo chi è convinto che i vincoli, le tutele, siano una variabile indipendente, può dileggiare il responso di questi esperti.
R. Certo, il decreto stabilisce vincoli più stringenti. La questione è: a chi giova questo giro di vite e quanto? Quali costi comporta, e a carico di chi sono questi costi? Proprio per rispondere a questi interrogativi è indispensabile un dialogo stretto fra il legislatore e gli esperti delle scienze sociali, in particolare dell’economia e della statistica. Solo chi è convinto che i vincoli, le tutele, siano una variabile indipendente, può dileggiare il responso di questi esperti.
D. Che novità ci sono sul fronte della riforma dei centri
per l’impiego? Era uno dei punti dell’accordo di governo.R.
Già, era un aspetto molto positivo di quell’accordo, e metteva
opportunamente il dito nella piaga di una grave inadempienza dei
governi Renzi e Gentiloni: quella sul piano dell’implementazione
dell’assegno di ricollocazione. Il capitolo 14 dell’accordo
M5S-Lega, in materia di politiche del lavoro, conteneva soltanto due
cose, molto apprezzabili, anche se espresse in forma forse troppo
generica: un forte investimento sui servizi per l’impiego e la
reintroduzione dei buoni-lavoro per le imprese. Senonché, a meno di
due mesi dalla firma di quel “contratto”, viene emanato un
decreto nel quale di queste due cose non c’è traccia, mentre ce ne
sono tutt’altre, frutto evidentemente di una totale
improvvisazione.
D. Lei vuol dire che il M5s non ha una linea chiara in
quanto a politica del lavoro?R. Sì, in realtà nel M5S
convivono orientamenti molto diversi tra loro in materia.
D. Analizziamo l’arcipelago grillino sul fronte
lavoro?R. C’è un’ala che riproduce le posizioni
della vecchia sinistra, di cui il capo fila è il professor Tridico e
di cui fanno parte per esempio i senatori Puglia e Paglini; ma
c’è anche l’ala più vicina al tessuto produttivo dell’Italia
del Centro-Nord, che è molto critica nei confronti del vecchio
sistema di protezione del lavoro. Mi riferisco per esempio alle
posizioni dell’onorevole Lombardi, nettamente contraria al
ripristino dell’articolo 18. Poi c’è la posizione di Nunzia
Catalfo, ora presidente della commissione lavoro del senato, che
considero una delle migliori teste pensanti del Movimento in questa
materia.
D. Avete lavorato insieme al Senato nella passata
legislatura, giusto?R. Sì, in Commissione Lavoro e ho
sempre trovato in lei orecchie attente alle ragioni altrui e forse
anche una condivisione, almeno al livello degli obiettivi generali,
della riforma del 2015.
D. Con questo Movimento lei vede delle possibili
convergenze con il Pd?R. Le vedo a una condizione: cioè
che il M5S accetti preliminarmente in modo chiaro l’impegno a
proseguire il percorso di integrazione dell’Italia nella nuova
Unione Europea.
D. Come si spiega questo attivismo del governo sul fronte
del lavoro?
R. Il ministro Di Maio deve mostrare che non è soltanto Salvini a
essere iperattivo. Il problema è che l’attivismo senza un progetto
serio alle spalle, senza una vera strategia di politica del lavoro,
serve soltanto alla propaganda. “Onestà” non è soltanto non
rubare, ma anche non usare il potere legislativo a soli fini di
propaganda, non produrre leggi che sono fatte solo per poter lanciare
qualche slogan, come quello ridicolo della “Waterloo del
precariato”.
D. Quanto è di “sinistra” questo provvedimento?
R. Se per “sinistra” si intende la vecchia sinistra che è la principale responsabile di un sistema di protezione del lavoro fallimentare, sì, questo provvedimento è “di sinistra”. Ma io preferisco la sinistra che ha prodotto il “pacchetto Treu” nel 1997 e la riforma del 2015. E considero del tutto in linea con queste due riforme anche la legge Biagi del 2003.
R. Se per “sinistra” si intende la vecchia sinistra che è la principale responsabile di un sistema di protezione del lavoro fallimentare, sì, questo provvedimento è “di sinistra”. Ma io preferisco la sinistra che ha prodotto il “pacchetto Treu” nel 1997 e la riforma del 2015. E considero del tutto in linea con queste due riforme anche la legge Biagi del 2003.
D. Del decreto-dignità salverebbe qualcosa?
R. Salverei l’aumento del differenziale contributivo tra contratti a termine e contratto stabili, se fosse applicato solo ai contratti futuri e se fosse perseguito interamente con una riduzione del cuneo previdenziale sui contratti stabili.
R. Salverei l’aumento del differenziale contributivo tra contratti a termine e contratto stabili, se fosse applicato solo ai contratti futuri e se fosse perseguito interamente con una riduzione del cuneo previdenziale sui contratti stabili.
D. Un punto di tensione tra M5S e Lega si registra sulla
reintroduzione dei voucher. Che ne pensa?
R. Su questo punto ha ragione la Lega: i buoni-lavoro, ben regolati come lo erano nella loro ultima versione, sono una ottima cosa ed è un grosso peccato essercene privati.
R. Su questo punto ha ragione la Lega: i buoni-lavoro, ben regolati come lo erano nella loro ultima versione, sono una ottima cosa ed è un grosso peccato essercene privati.
D. Una manutenzione del Jobs act era stata auspicata sul
finire della passata legislatura anche dal Pd. Quali sarebbero i
punti di intervento necessari?
R. Soprattutto l’implementazione della parte della riforma relativa ai servizi per l’impiego: su questo punto il bilancio dei governi Renzi e Gentiloni è, colpevolmente, molto negativo. E tornare a estendere il campo di applicazione della riforma anche al settore pubblico.
R. Soprattutto l’implementazione della parte della riforma relativa ai servizi per l’impiego: su questo punto il bilancio dei governi Renzi e Gentiloni è, colpevolmente, molto negativo. E tornare a estendere il campo di applicazione della riforma anche al settore pubblico.
D. Da ex parlamentare del Pd, come giudica l’opposizione
che in questo momento sta facendo il partito guidato da Maurizio
Martina?R. Mi piacerebbe un’opposizione più decisa
nella difesa dell’interesse delle nuove generazioni a una drastica
riduzione del nostro debito pubblico. Un’opposizione che sapesse
mettere con maggiore determinazione al centro del proprio discorso il
processo di integrazione dell’Italia nella nuova Unione Europea,
dunque la necessità di proseguire con decisione sulla strada che
abbiamo imboccato nel 2011. Un’opposizione che mostrasse qualche
senso di colpa non per quello che ha fatto in quella direzione negli
anni passati, quando era maggioranza, ma per averlo fatto troppo poco
e male.