foto del giorno
martedì 11 luglio 2017
Dal Vangelo secondo Banksy, il profeta graffitaro che deve restare anonimo
Giulio Seminara
Democratica 10 luglio 2017
Non c’è niente di commerciale, se
non altro perché l’anonimo profeta non vuole vendere o dare nulla,
ma al massimo togliere
Ma perché smaniare e rovistare come
cinghiali affamati, inseguendo banali dati anagrafici e stupide
vocali e consonanti che ci restituirebbero soltanto un nome,
inchiodando l’ineffabile Banksy e le sue illuminazioni sul mondo ai
semplici pezzi di uomo con una sola età, una sola faccia, un solo
corpo e i mille limiti di tutti? Perché abbattere il mistero con la
sua potenza quando invece abbiamo amato proprio il dio invisibile,
eppure onnipresente e onnisciente, e sognato per anni di risvegliarci
con un inatteso capolavoro folgorante sul muro sotto casa?
Ma davvero si vuole imporre un nome, un
indirizzo civico, una presunta biografia di fidanzatine liceali,
piatti e squadra preferiti, una misura di piedi e certamente una
buona dose di etichette e banalità a un artista e profeta che
pratica il linguaggio e predica il credo più universali possibili ?
L’arte eretica di Banksy è infatti
una santa religione, chiaramente protestante, in cui il graffitaro
senza nome è insieme pastore e vescovo e dio, i suoi fedeli
chiunque alzi gli occhi mentre cammina per strada, la sua santa messa
è la spregiudicata messa in scena e l’irriverente messa alla
berlina dei problemi e paure di oggi.
Eppure, senza l’obbligo di
confessione che tanto ogni muro illuminato è già biografia di
ogni nazione e analisi di ogni delitto, e senza una qualsiasi faccia
sopra la tunica a cui rendere grazie se non l’arte in sé, o da
maledire se non la nostra, il mondo dei suoi miracoli è già
pieno: è la moltiplicazione dei pani marci e dei pesci morti,
quindi una catena, anzi una croce, di gattini, fucili, madonne,
sbirri, palloncini, ratti, profughi, colombe, televisori, bambini e
paradisi decisamente artificiali in mezzo alla catastrofe.
D’altronde il senso della
contraddizione è il segno della croce che ci serve all’ingresso di
questa messa solitaria e che ci libera all’uscita, così il muro
che di per sé è brutto e violento e non dovrebbe essere né
bello né utile se non a chiudere, delimitare o imprigionare, con
Banksy diventa opera d’arte e libera pagina bianca del suo Vangelo.
E contraddittori e religiosissimi sono infatti gli splendidi paesaggi
sotto cieli azzurrissimi immaginati con sacrilega fantasia e
disegnati di nascosto sull’infinito e violento muro scuro anch’esso
del pianto, come tutti i muri, tra Cisgiordania e Israele, e così i
palloncini rossi che volteggiano lieti e lucenti, unici elementi
colorati, tra gli scheletri fumanti di ex palazzi ed ex strade della
Siria.
In una di queste artistiche omelie ci
sono una bambina e un bambino volanti poiché entrambi aggrappati a
un rosso lampioncino di carta, si guardano e forse si amano,
levitando sopra le loro case bombardate e le loro vite che non ci
sono più. Sembrano un po’ i teneri e svolazzanti amanti di
Chagall, un po’ i protagonisti del film pixar Up, ma sono solo le
lacrime di una smisurata preghiera. C’è anche l’ Italia nel
pirotecnico ed eretico pellegrinaggio illegale di Banksy che ci
inchioda alle visioni che non vorremmo vedere e alle colpe che non
vorremmo provare, con un muro del centro di Napoli-Gomorra ad
ospitare una Madonna con la pistola, d’altronde proprio lì e non
altrove Malammore ha baciato il crocefisso prima di giustiziare una
bambina, nel violento incesto di sacro e profano.
E poi i carrelli strapieni di cose da
comprare, le perquisizioni violente, gli scancellatori di sogni, i
soldati, le dame con le maschere antigas e le persone-topi e altre
mille accuse e zero scuse: impossibile difendersi dal Banksy senza
volto che predica a sorpresa e ci scaglia addosso le nostre stesse
cattive novelle, i muri non fanno solo la cruda e straniante cronaca
del Male che riteniamo banalmente sempre altrove, ma sembrano quasi
proiettare e snudare le nostre coscienze e quelle non puoi né
deriderle né arrestarle. È una religione senza griffe ma
perfettamente legata al marketing, così radicale nel taglio e
messaggio e particolareggiata nella descrizione ma trasversale e
globale, i suoi disegni come moderne parabole che parlano a tutti,
d’altronde la sua Dismaland, eccezionale uscita dai muri e tetro
luna park a base di rottami e degrado con tanto di castello delle
fiabe in rovina, è un Inferno che non stentiamo a riconoscere.
Eppure non c’è niente di
commerciale, se non altro perché l’anonimo profeta non vuole
vendere o dare nulla, ma al massimo togliere. Le certezze e il
respiro. La sua arte di strada e notturna si muove per beffardo
contrasto: i muri squarciati da oasi e paradisi, Topolino e il Clown
del McDonald che scortano una bimba disperata, una tigre che scappa
da una gabbia a forma di codice a (s)barre e la Morte inquietante
gondoliera disegnata al pelo d’acqua verdognolo di un
fiumediscarica. Infatti l’inquinamento globale, con probabile
disappunto di Trump, il turbo consumismo e il violento disordine
costituito sono i veri mostri disintegrati dalle tanto colorate
quanto beffarde messe anonime di un cardinale di cui non vogliamo
sapere niente, per non farlo smettere, per non fargli male e per non
imparare a disprezzarlo o a dimenticarlo perché di colpo rivelatosi
uomo. E quindi un imputato a cui subito dare patenti, vomitare
critiche etiche ed estetiche, contestando una sopraggiunta normalità
fatta di ambizioni personali e parzialità presunte, in un planetario
processo con la massa che, improvvisamente ammutinata dalla messa, si
fa volentieri giuria popolare e magari plotone di esecuzione per
colui che quindi non era dio ma un ragazzetto, un avido artista che
provocava sporcando muri.
Preferiamo quindi continuare a farci
aggredire, commuovere, indignare, sconvolgere, forse svegliare e
magari convertire da questa religiosa arte anonima di capolavori
stranianti e strane prediche capovolte. Rigorosamente dal Vangelo
secondo Banksy. E quindi di nessuno e di chiunque, anche nostro.
Iscriviti a:
Post (Atom)